Addio a Niki Lauda, un pezzo di storia della Formula 1

Il 22 maggio è stata una giornata triste per tutti gli appassionati della Ferrari e della Formula 1 in generale. Niki Lauda si è spento a settant’anni, dopo che era stato ricoverato in una clinica svizzera per un problema renale. Nell’agosto del 2018, l’ex-pilota campione del mondo Ferrari si era sottoposto a un trapianto di polmone per guarire da una grave infezione, e il percorso di convalescenza aveva richiesto un trattamento di dialisi. Poi arriva, come un fulmine a ciel sereno, l’annuncio della famiglia che rende nota la morte del celebre pilota. Un addio tristissimo e sentito da parte di tutto il Circus, che era particolarmente affezionato alla figura di Lauda. È l’addio a un pilota vincente, che in quasi quindici anni di carriera ha conquistato tre titoli iridati, entrando nella storia come unico pilota ad aver vinto il campionato piloti sia con la Rossa di Maranello che con la McLaren, le due rivali storiche per eccellenza in Formula 1.

Niki Lauda era un ragazzo viennese, figlio di banchieri della capitale austriaca. Nonostante la provenienza da quella che era una famiglia molto ricca, il giovane Niki decise di inseguire il proprio sogno, dettato dalla passione. Questo amore incondizionato era ovviamente legato all’automobilismo. Un sentimento talmente profondo e grande per Niki Lauda che nel 1968 decise di abbandonare gli studi universitari, e anche grazie a quello che era il suo status di “buona famiglia” riceve dei prestiti per finanziare la sua passione. La carriera di Niki Lauda infatti inizierà proprio grazie ai prestiti di alcune banche, coprendo i costi per mandare avanti un team costruito da lui, con lui stesso a pilotare la vettura. Partì così dalle categorie più basse, per arrivare a correre in Formula 3. Grazie a un costante sostegno dato da prestiti bancari, Lauda riesce prima di tutto a salvarsi dal fallimento economico – cosa che avrebbe messo fine anticipatamente alla propria carriera – ma soprattutto riesce a trovare un ingaggio in Formula 2 con il Team March. Sempre con la stessa scuderia arriverà a esordire in Formula 1, nel 1971, per poi diventare pilota ufficiale nella stagione successiva.

Gran Premio di Monaco 1972, una delle prime gare corse da Niki Lauda in Formula 1. Foto: Schlegelmilch.
Il Gran Premio di Monaco del 1972, una delle prime gare corse da Niki Lauda in Formula 1. Foto: Schlegelmilch.

Il contratto che lo legava alla scuderia britannica in questione prevedeva che lui rimanesse a correre per il team, ripagando i debiti ottenuti per andarci a correre. È proprio in questo momento che viene fuori il Niki Lauda che tutti hanno apprezzato di più. Durante la sua permanenza nel Team March farà conoscenza di Clay Regazzoni, compagno di scuderia che sarà sponsor del suo prossimo passaggio in Ferrari. È stato proprio il pilota svizzero a suggerire a Enzo Ferrari di ingaggiare il pilota austriaco in Rosso Maranello. Ed è quello che effettivamente è accaduto. Grazie all’aiuto del patron della Ferrari, Niki Lauda riesce a pagare le penali legate al suo contratto con il Team March e nel 1974 può effettivamente unirsi alla Ferrari. Prenderà il posto di Arturo Merzario – ricordate questo nome – andando ad affiancare proprio Regazzoni nel team che correrà nella stagione 1974. Niki Lauda arriva quindi in Ferrari nella scuderia comandata da Enzo Ferrari stesso. Lauda era uno dei preferiti di Ferrari, in un rapporto odi et amo costellato da numerosi aneddoti che hanno fatto storia. Eppure la conoscenza tra i due non iniziò benissimo, anzi. La storia volle che quando ci furono i primi test della stagione 1974, Niki Lauda si rivolse a Piero Ferrari – che faceva da interprete per il padre – dicendo lui «questa macchina è una merda».

Niki Lauda e Clay Regazzoni, compagni di squadra in Ferrari. Foto: AP.
Niki Lauda e Clay Regazzoni, compagni di squadra in Ferrari. Foto: AP.

Fin dai primi giorni di Rosso Maranello, Niki Lauda si fece conoscere dal suo team per la sua attitudine. La passione “latina” nell’amore dell’automobilismo, mista a quella precisione e dedizione al lavoro che hanno reso Lauda un pilota unico nel suo genere e punto di riferimento per le generazioni avvenire. Anche i duri confronti con Enzo Ferrari hanno fatto capire al patron che al momento la sua creatura avesse bisogno di essere migliorata. Ne è risultato il ritorno alla vittoria nel campionato piloti nella stagione 1975, undici anni dopo la vittoria di John Surtees, interrompendo un dominio di costruttori britannici che durava da cinque anni. Anche nella stagione 1976, la squadra da battere era sempre la Ferrari. Niki Lauda parte fortissimo, due vittorie su due nei primi gran premi disputati. Anche quando non vince arriva sempre sul podio, costruendo un vantaggio importantissimo nei confronti della McLaren.

Niki Lauda e James Hunt saranno protagonisti di una delle rivalità più emozionanti di sempre all’interno della Formula 1. Da una parte il ferrarista: metodico, riservato. Dall’altra, il britannico: quello che era considerato una sorta di rockstar all’interno del circus, l’esatto contrario del pilota austriaco. Si arriva a quel 1 agosto 1976, giorno del GP di Germania sul famigerato circuito del Nurburgring. Una gara condizionata dalla forte pioggia e che iniziò in ritardo per garantire la sicurezza in alcuni punti del circuito. Al secondo giro però Niki Lauda perse il controllo della sua monoposto, nel punto più lontano del circuito rispetto ai box, nei pressi della curva Bergwerk, colpendo i guard rail per poi rientrare in mezzo alla pista, andando subito in fiamme. La fortuna volle che i piloti che sopraggiungevano furono i primi a tirare Niki Lauda fuori dalle fiamme, prestandogli i primi soccorsi. Tra questi anche Arturo Merzario, pilota di cui Lauda prese il posto alla Ferrari. La gara ripartì qualche ora dopo, e alla fine vinse James Hunt. Fu l’ultima volta che la Formula 1 utilizzò il Nordschleife – parte estesa del circuito di Nurburgring – in una rassegna mondiale.

Niki Lauda prima del Gran Premio del Germania del 1976. Foto: Rainer Schlegelmilch/Getty Images.
Niki Lauda prima del Gran Premio del Germania del 1976. Foto: Rainer Schlegelmilch/Getty Images.

Il Gran Premio di Germania però è stato un punto caratterizzante di quella che è stata la carriera di Niki Lauda. Se per molti piloti, come nel caso di Chris Amon, anche assistere a un incidente simile può farti pensare di smettere – cosa peraltro successa al pilota citato – per Niki Lauda non fu così. Dopo un mese e mezzo dal terribile schianto del Nurburgring, Lauda era già in pista per cercare di difendere il proprio titolo mondiale conquistato un anno prima. Qui si ritorna a parlare del coraggio immenso di questo pilota, ma stavolta in una versione diversa. Dopo l’incidente del GP di Germania, Niki Lauda torna a gareggiare e quando si arriva al gran finale della stagione 1976, sul circuito del Fuji Speedway, decide di ritirarsi. A James Hunt basta il terzo posto per vincere il suo unico mondiale della carriera, conquistato con appena un punto di vantaggio su Lauda.

Sebbene la componente del carattere fosse fondamentale per la forza di Niki Lauda, anche per una persona tenace come lui correre sotto un muro di pioggia battente poteva risultare pazzia. Si prendeva sempre la responsabilità delle proprie azioni, come nel giustificare il ritiro da quella che poteva essere la sua seconda vittoria mondiale. Si è rifatto l’anno successivo, dominando il campionato del 1977. Arrivò a vincere con tre gare d’anticipo la classifica iridata, ma nel frattempo il rapporto con la Ferrari si era incrinato. Ci fu la definitiva rottura quando Lauda decise di non partecipare alle ultime gare con la squadra, rifiutandosi di correre. Al suo posto la Ferrari ingaggiò il canadese Gilles Villeneuve. Proseguì la sua carriera in Formula 1 passando alla Brabham, altra squadra rivale di Maranello, suscitando le ire di Enzo Ferrari, che come detto in precedenza, era molto legato alla figura di Lauda. Dopo due stagioni anonime, Niki decise di ritirarsi inizialmente, dedicandosi alla fondazione di due compagnie aeree, ma il richiamo della Formula 1 era troppo forte per dire basta. Tornò a correre nel 1982, ingaggiato dalla McLaren, per poi tornare a vincere il mondiale piloti nel 1984, in un testa a testa avvincente vinto da Lauda per mezzo punto nei confronti del suo compagno di squadra Alain Prost.

Alain Prost e Niki Lauda nel 1984, rivali e contendenti per il titolo iridato. Foto: Schlegelmilch.
Alain Prost e Niki Lauda nel 1984, rivali e contendenti per il titolo iridato. Foto: Schlegelmilch.

Si ritirerà definitivamente nel 1985, dopo una stagione travagliata da problemi tecnici legati alla sua monoposto. Sebbene smise di correre sulle vetture da Formula 1, Niki Lauda non si è mai separato dal suo grande amore: l’automobilismo. Era sempre comunque coinvolto nelle iniziative che spesso riguardavano il circus. Dal 2012 infatti era diventato presidente onorario della scuderia Mercedes AMG, spesso aggregato alla squadra durante i vari gran premi. Pare che sia stato lui stesso a volere Lewis Hamilton per guidare la monoposto argentata, prelevandolo dalla McLaren per sostituire Michael Schumacher, affiancando il britannico a Nico Rosberg. Prima di essere stato un grande dirigente, Niki Lauda è stato soprattutto un grande pilota. Di lui colpiva l’applicazione che ci metteva, ma soprattutto il carattere. Una persona dedita al suo lavoro, vivendo a pieno la passione per l’automobilismo, costruendoci una carriera fantastica. Anche dopo il gravissimo incidente, il suo carattere gli ha dato la forza necessaria di tornare a correre dopo appena un mese. Molti in seguito a queste vicende sarebbero capaci di dire basta, ma non Niki Lauda.

«È stato il miglior pilota che sia mai vissuto»
– Ayrton Senna, su Niki Lauda

 

Niki Lauda durante la sua parentesi di carriera in Ferrari. Foto: Rex Features.
Niki Lauda durante la sua parentesi di carriera in Ferrari. Foto: Rex Features.

 

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