Napoli in collasso

Alla vigilia della partita del 9 novembre contro il Genoa, il Napoli è invischiato in una delle situazioni più paradossali e intricate degli ultimi anni nel calcio italiano ed europeo (almeno per quel che riguarda i club di medio-alto livello, tra i quali i partenopei ritengono a ragione di appartenere nell’ultima decade). Da soli, gli eventi avvenuti tra Napoli e Castelvolturno questa settimana meriterebbero una serie TV targata HBO.

Dopo la partita di Champions League pareggiata martedì 5 novembre contro il Salisburgo –neanche una delle peggiori prestazioni del Napoli d’ultimo periodo – la situazione è precipitata nel post partita allo stadio San Paolo dopo che il presidente azzurro Aurelio De Laurentiis è sceso dalla tribuna unicamente per congratularsi con l’autore del gol e neoacquisto Hirving Lozano, mentre ha incaricato il figlio Edoardo e il direttore sportivo Cristiano Giuntoli di andare negli spogliatoi per raccogliere i calciatori nell’autobus che avrebbe dovuto portarli a Castelvolturno, nel ritiro “costruttivo” che il patron aveva indetto alla vigilia delle partite contro gli austriaci e, appunto, il Genoa in Serie A.

Dalle ricostruzioni dei principali media sportivi e non, primi fra tutti Repubblica e Gazzetta dello Sport, i giocatori del Napoli guidati da Insigne e Allan si sarebbero scontrati con il figlio del presidente: secondo le ricostruzioni non ufficiali, ma riprese anche da Il Post, il capitano azzurro avrebbe detto che «Noi in ritiro non ci torniamo, ce ne andiamo a casa», mentre secondo altri il centrocampista brasiliano avrebbe addirittura pronunciato ingiurie da riferire al proprio presidente, forse per alcune situazioni non completamente chiuse dopo il trasferimento saltato al Paris Saint Germain di pochi mesi fa. Sembra che altri senatori, tra cui Callejon, Mertens e Koulibaly, abbiano sostenuto l’ammutinamento, ricordando come nel 2015 una situazione simile si fosse risolta grazie all’intervento del capitano Maggio e di Benitez, che avevano convinto De Laurentiis a desistere sull’idea del ritiro dopo un’eliminazione dalla Coppa Italia.
L’attuale allenatore degli azzurri Carlo Ancelotti, invece, ha semplicemente espresso la propria contrarietà all’idea del presidente nella conferenza stampa alla vigilia della gara di Champions, ma dopo il delirio avvenuto negli spogliatoi è stato l’unico (insieme allo staff) a salire sul pullman diretto a Castelvolturno. I calciatori sono ritornati nelle rispettive abitazioni con le proprie auto personali.

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Il rapporto tra Insigne e Ancelotti conosce molti lati oscuri.

Il giorno dopo il Napoli, e dunque De Laurentiis, si è espresso con due comunicati ufficiali in cui si indiceva il silenzio stampa – già informalmente proclamato la notte prima, dopo che nessuno dei tesserati oltre a Insigne si era presentato davanti ai giornalisti – e la fiducia al tecnico emiliano, che secondo alcune versioni avrebbe cercato di dimettersi la notte precedente e starebbe flirtando con il Boca Juniors per gennaio. Cosa più importante, però, la società «procederà a tutelare i propri diritti economici, patrimoniali, di immagine e disciplinari in ogni competente sede»; in parole spicciole, se la situazione degenerasse ulteriormente non ci sarebbero semplici multe interne, ma ricorsi ai tribunali sportivi che prefigurerebbero (secondo le ultime indiscrezioni il cinque per cento a ogni giocatore dalla prossima busta paga) una vertenza nei confronti dell’intera rosa.

Ora che la polveriera è definitivamente esplosa e le sue nubi tossiche sembrano tutt’altro che diradate, cerchiamo di capire cosa sta succedendo partendo dalle origini.

La stagione del Napoli è precipitata nel giro di poche partite

Iniziata con due gare rocambolesche contro Fiorentina e Juventus, rispettivamente vinte e perse per 4-3, l’anno degli azzurri ha avuto subito il suo apice: al ritorno dalla sosta di settembre, all’esordio in Champions la squadra di Ancelotti ha sconfitto per 2-0 i campioni in carica del Liverpool. Il cammino in Europa sta andando tutto sommato secondo i pronostici: otto punti in quattro partite e qualificazione aritmetica quasi ottenuta. Vincendo con il Salisburgo si sarebbe potuto ambire anche al primo posto del girone.
In Serie A la situazione sembra invece ormai compromessa: i partenopei hanno già perso per strada quindici dei trentatré punti disponibili, subendo tre sconfitte e altrettanti pareggi. Cosa sta andando storto?

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Mertens è il giocatore ad aver colpito più pali durante l’anno e mezzo di Ancelotti, mentre il Napoli è la squadra ad averne presi di più in Europa.

Cercando su Google “pali Napoli” otteniamo quattordici milioni di risultati; quattordici come i legni già colpiti dalla squadra di Ancelotti questa stagione, prima nei cinque campionati europei dopo aver ottenuto il “titolo” già nella scorsa stagione. Quello che risulta difficile da capire è se i pali e le traverse colpiti dai giocatori azzurri siano tutti da addebitare alla sfortuna o siano un problema strutturale dell’attacco del Napoli, recidiva nel non sfruttare la mole di gioco che crea.

Con uno sguardo alle statistiche di whoscored.com sulla Serie A, dove il Napoli ha colpito nove dei quattordici legni accumulati, notiamo che il Napoli è la prima squadra del campionato per possesso palla (57,1%), seconda dopo la Juventus per precisioni passaggi (86,6%), quella che perde meno palloni (10,1 a partita): numeri da dominio del gioco che però danno come output uno scialbo settimo posto e la corsa a Juventus e Inter virtualmente chiusa a inizio novembre.
Concentrandoci sui tiri effettuati, il Napoli con 19,4 a partita è dietro solo all’Atalanta (20,5), che però ha realizzato ben nove gol in più. Il Napoli è la squadra che tira in assoluto di più da fuori area (8,4 volte a gara che hanno fruttato solo 3 reti totali), di testa (3,5 a partita e 4 gol), si fa respingere più conclusioni (5,3 a partita) e arriva maggiormente al tiro in area piccola (1,5).
Se certamente non sono le statistiche a scendere in campo e ad aggiungere punti in classifica, c’è da dire che i numeri del Napoli sono – se non da prima – da seconda forza del campionato in quanto a mole di gioco prodotta. Una vecchia espressione di saggezza dell’ambiente calcistico vuole che se la squadra produce molto ma non realizza occasione nette, l’allenatore è esente da colpe: dopo i ventinove tiri di cui solo quattro nello specchio contro il Salisburgo, Ancelotti dovrà comunque farsi più di una domanda.

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I problemi emersi negli ultimi giorni hanno radici molto profonde

Se l’acquisto di Manolas per formare una coppia difensiva insuperabile insieme a Koulibaly doveva essere il fiore all’occhiello del mastodontico mercato di De Laurentiis, per ora si può certamente dire che ha fallito nel suo obiettivo. I quindici gol subiti in campionato dal Napoli non sono però tutti da scaricare a due difensori di sicuro livello mondiale e non colpevoli di essere (fino a questo momento) complementari come si pensava: i dirigenti del Napoli non hanno saputo intervenire, o l’hanno trascurato, sull’equilibrio della rosa.
Se il senegalese e il greco – oltre agli esagerati errori individuali che stanno riscontrando negli ultimi due mesi – si trovano spesso impotenti a rispondere alle offensive avversarie, è anche perché in rosa non c’è un mediano o un centrocampista difensivo che faccia da filtro a centrocampo, e il solo Allan non può supplire a questa mancanza.
In sede di mercato è stata gravemente sottovalutata la situazione dei terzini: a disposizione sono rimasti solamente Di Lorenzo e Mario Rui, mentre Ghoulam rimane un’enigma.

Non hanno di certo influenzato positivamente alcune dichiarazioni di De Laurentiis delle ultime settimane sullo scarso impegno dei calciatori, le diatribe mai sopite con Koulibaly e Allan a cui non dispiacerebbe emigrare verso altri lidi e soprattutto le più recenti dichiarazioni su Mertens e Callejon, definiti quasi dei mercenari da spedire in Cina dopo che la trattative sui rinnovi di contratto si erano arenate. Se si aggiunge al calderone un capitano, l’unico indigeno della rosa oltre il giovane Gaetano, in latente conflitto sia con la società che con l’allenatore (prima dell’abbraccio di Salisburgo, almeno pubblicamente), si capisce come il conflitto dello scorso martedì sia solo la punta dell’iceberg di una guerra interna probabilmente senza precedenti nella storia del calcio moderno per un club da top 20-30 del ranking UEFA.

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Forma fisica, mancanza di complementarietà, squadra sbilanciata? La coppia Koulibaly-Manolas sta deludendo tutti.

Il Napoli paga la mancanza di un vero organigramma societario, una seria e coerente divisione dei ruoli e delle responsabilità rispetto alla gestione patronale di un presidente che sembra – a distanza di quindici anni – voler ancora pretendere di essere venerato per aver sollevato la squadra dalla Serie C. La poca professionalità, unita a un grado di futile nepotismo sia nella società (Edoardo De Laurentiis) che nello staff tecnico (Davide Ancelotti, Mino Fulco è il genero del tecnico di Reggiolo), sminuisce agli occhi dei calciatori la credibilità di una squadra che nella loro visione può essere tranquillamente smentita senza grosse conseguenze. Se i giocatori del Napoli hanno probabilmente sbagliato (non in quanto verità oggettiva, ma agli occhi di una tifoseria calda come quello partenopea) a tirarsi indietro dalle responsabilità che sono anche le loro (i risultati parlano per sé), è indubbio che tra le motivazioni del loro ammutinamento ci sia anche la mancanza di comunicazione da parte della società; la notizia del ritiro, secondo la versione dei calciatori, è stata da loro appresa dalla radio e da internet.

Il futuro è incentro, la piazza è già esplosa e Ancelotti – anche restando – potrebbe avere già perso le redini della squadra

Nella giornata di giovedì si è fatto sentire anche l’ambiente napoletano: alcune centinaia di tifosi hanno protestato e fischiato l’allenamento aperto per gli abbonati (già previsto da tempo) della squadra azzurra allo stadio San Paolo, contestando tutti i giocatori e definendoli “mercenari”. Che l’occasione fortuita sia stata utile perché De Laurentiis sposti– sempre che gli importi qualcosa – il dissenso dalla propria persona alla squadra?

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Gli ultras del Napoli hanno “accolto” i calciatori durante l’allenamento a porte aperte di giovedì.

Non è un caso che nell’articolo si sia scelto di nominare poco Ancelotti rispetto agli altri protagonisti della vicenda: la posizione dell’ex tecnico del Milan è poco chiara ed è un grande smacco per un allenatore della sua esperienza non gestire dal principio le ingerenze di un presidente, per quanto quest’ultimo sia infuocato. Nonostante la fiducia da parte della società nel comunicato stampa, è difficile pensare che Ancelotti rimanga comunque fino ai termini questa stagione, e calciomercato.com parla già di tre possibili nomi che potrebbero sostituirlo: Spalletti, Allegri e Gattuso.
Ma già oggi Carletto dovrà rispondere a parecchie obiezioni riguardo la sua gestione: dopo la scorsa stagione di rodaggio, non può ancorarsi alla delusione del mancato acquisto di James Rodriguez e l’intero precampionato giocato con il 4-2-3-1. Il ritorno al 4-4-2 non convince e undici formazioni diverse in altrettante giornate non aiutano il rodaggio della squadra. E i maliziosi che parlano di apprendistato in panchina del figlio Davide moltiplicano.
Le rosee aspettative sul suo arrivo a Napoli nel giugno 2018 appartengono a un lontano passato.

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Se si dovesse cercare un lato positivo della questione, questo potrebbe essere l’unione dello spirito nello spogliatoio, compatto a contrastare la società; ma non sembra sia andata così. Meret che rifiuta di stringere la mano al capitano Insigne è il simbolo di una spaccatura tra senatori e nuova guardia, con i nuovi arrivati del mercato estivo spiazzati da una situazione che non si aspettavano di trovare.
Difficile dire che direzione prenderà la stagione (e l’intera storia, quantomeno recente) del Napoli da qui in avanti; il punto di svolta è, però, epocale. La partita con il Genoa potrebbe già parlare.

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