Pedopornografia e le nuove tecnologie

La pedofilia, vera e propria malattia psichiatrica, è da sempre diffusa; tuttavia ciò non si significa che essa non sia una piaga della società. Le normative europee, infatti, sono particolarmente orientate a garantire la massima tutela possibile al libero sviluppo sessuale e psicologico dei minori. Non solo; il dibattito politico si è spesso occupato di questo tema e la discussione emersa, anche recentemente, sulla castrazione chimica ne è un esempio lampante. Di grande attualità, poi, l’intervento voluto dal Papa sulla rimozione del segreto pontificio in tema di abusi sui minori. Di esempi simili, comunque, ce ne sarebbero a centinaia. Una particolare forma di estrinsecazione della pedofilia, strettamente connessa allo sviluppo tecnologico e alla diffusione di internet, è quella legata alla pedopornografia. Tale fenomeno, tristemente diffuso come si può facilmente notare dagli eventi di cronaca che spesso si presentano, ha trovato dapprima tutela a livello sovranazionale poi, con i singoli interventi del legislatore italiano, anche a livello interno. Il problema si è ripresentato, in chiave sempre più moderna, con riferimento all’invio di foto intime ritraenti soggetti minori quando una simile foto è inviata proprio dal soggetto che la legge mira a tutelare. Tuttavia per arrivare a comprendere meglio le conseguenze e, di relato, i reati astrattamente ipotizzabili in casi simili, occorre muoversi dalle basi della normativa posta a contrasto della pornografia minorile.

L’evoluzione normativa

Occorre, dunque, analizzare i due articoli di riferimento in tema di pornografia minorile ossia il 600-ter e il 600-quater del codice penale.  Entrambi gli articoli in esame sono stati introdotti dalla legge 269 del 1998 intervenuta in recepimento di due normative sovranazionali: la convenzione di New York del 1989 e la dichiarazione finale della conferenza di Stoccolma del 1996. L’intento è quello di preservare il minore e il suo libero sviluppo psicofisico, sottraendolo da ogni forma di abuso o di sfruttamento. Nel dettaglio, l’articolo 600- ter prevedeva la punibilità di qualsiasi soggetto sfruttasse un minore degli anni 18 al fine di realizzare esibizioni o materiale pedopornografico. Al pari, la stessa norma sanzionava chiunque inviasse o divulgasse tale materiale. Nella pratica era necessaria l’esistenza di una “struttura”: ciò poteva desumersi dallo sfruttamento previsto dalla fattispecie. Per la realizzazione del delitto in esame, dunque, si richiedeva un’organizzazione, anche rudimentale, diretta alla diffusione del materiale creato al fine di compiacere una comunità più o meno ristretta di pedofili.
Diverso, invece, l’articolo 600-quater. Tale norma è diretta a punire chiunque sia in possesso del materiale previsto dal precedente articolo, quindi, di materiale pornografico con soggetti minorenni. Le pene in tale ipotesi sono notevolmente inferiori, in quanto prevedono un massimo di tre anni di detenzione mentre il delitto base delineato dall’articolo 600-ter prevede un massimo di dodici anni di carcere. Entrambe le norme appena analizzate sono state oggetto di successivi interventi da parte del legislatore con la legge 172 del 2012. Anche tale legge fonda le proprie radici sulla normativa sovranazionale e, in particolare, sulla convenzione di Lanzarote del 2007. La convenzione in esame mira alla punibilità internazionale dei delitti contro i minori, in ogni forma possibile. A seguito della predetta convenzione, inoltre, è stato previsto il particolare reato di adescamento diretto alla repressione di tutte quelle condotte definite di grooming (adescamento online di bambini o adolescenti tramite manipolazione psicologica) verso un minore degli anni 18. Anche questa ipotesi è strettamente correlata allo sviluppo tecnologico e alle nuove modalità di adescamento tipiche dei pedofili. Tale previsione, allocata precisamente all’articolo 23 della convenzione, ha trovato trasposizione nella normativa italiana all’articolo 609-undecies. Esso è diretto a punire chiunque, ponga in essere lusinghe o simili nei confronti del minore di 16 anni (in maniera meno rigida rispetto alla convenzione) dirette a realizzare uno dei reati fine indicati dallo stesso articolo, in generale, di atti sessuali con minorenne o appunto la produzione di materiale pornografico. La peculiarità di questo delitto, oltre al fatto di essere realizzabile anche tramite il mezzo informatico, è quella del netto anticipo della tutela penale. Sono infatti punite tutte le condotte che precedono addirittura il tentativo dei delitti e, da qui, deriva la non applicabilità dell’articolo 609-undecies nel caso in cui appunto si realizzi il reato per cui il minore è stato adescato.

pedopornografia
Tornando ora sulle norme di riferimento per la pedopornografia, l’intervento del legislatore si è orientato particolarmente sull’articolo 600-ter, rimuovendo il riferimento allo sfruttamento e accentuando le distinzioni fra il primo e il secondo comma della legge. Tale modifica può apparire di poco conto; tuttavia è particolarmente significativa e occorrerà tenerla a mente nelle ipotesi di autoscatto o di materiale inviato direttamente dal minore. Eliminando il riferimento allo sfruttamento, allora, il legislatore ha inteso ampliare la tutela del bene giuridico tutelato che, ricordiamolo, è il libero sviluppo sessuale del minore. In linea con la giurisprudenza maggioritaria, dunque, può affermarsi che non sia più necessaria l’indagine del pericolo di diffusione del materiale illecito ma che la sola creazione dello stesso sia di per sé sufficiente a ledere il bene giuridico e, di conseguenza, a integrare il delitto di cui all’articolo 600-ter.

I risvolti moderni

Come premesso tali norme risultano, oggi, più attuali che mai. Da un lato, infatti, pedofili e malintenzionati approfittano delle moderne tecnologie tanto per adescare direttamente i minori quanto per procurarsi materiale pedopornografico. Dall’altro, invece, la diffusione di massa delle nuove tecnologie e, in particolare, della possibilità di invio gratuito e immediato di immagini tramite smartphone, ha reso particolarmente ostica la ricerca di condotte penalmente rilevanti. Al di là, allora, della difficoltà concreta di tracciare il traffico illecito di materiale, sono emersi alcuni casi limite che coinvolgono gli articoli 600-ter e 600-quater del codice penale. Pacifico, per quanto già analizzato, che il 600-ter sia applicabile ogniqualvolta un soggetto produca materiale pedopornografico mentre il 600-quater operi verso chi detiene o riceve il materiale da altri. Particolare ipotesi, invece, è quella che vede coinvolti due soggetti consenzienti, magari uno minorenne e uno da poco maggiorenne o, ancora più facilmente ipotizzabile, quella dell’invio di selfie a contenuto erotico. Per ciò che riguarda la prima di queste ipotesi, si può facilmente ritenere integrato il ben più grave articolo 600-ter. Per quanto premesso, la sola produzione del materiale integra l’ipotesi del reato più grave. A nulla, in questo caso, rileva la volontà del minore ritratto che, per legge, viene considerato incapace di prendere decisioni su un fatto potenzialmente in grado di ledere il proprio sviluppo e avere importanti ripercussioni sul suo futuro. Parimenti non avrà rilevanza se un simile file dovesse rimanere privato, senza pericolo di reale diffusione. In questo caso infatti la sola produzione ha già attaccato ciò che la norma, così come ridisegnata dal legislatore del 2012, mira a tutelare. Particolarmente discussa è invece la tematica del selfie o, comunque, dell’invio del materiale illecito da parte del minore stesso. In questo caso deve ritenersi applicabile quanto fin qui detto ma con alcuni particolari accorgimenti a seconda che l’invio sia partito o meno dall’impulso del minore. Nel caso in cui questi abbia inviato un selfie senza alcun coinvolgimento dell’altro soggetto deve ritenersi integrata la più favorevole ipotesi dell’articolo 600-quater in  quanto, di fatto, un file del genere rimane conservato dal destinatario. Nel caso, invece, in cui il file multimediale sia stato richiesto dalla controparte deve ragionarsi in modo differente tenendo presente, fra l’altro, la natura del bene tutelato e l’evoluzione normativa dei due reati. In questo caso, infatti, seppur la foto sia stata scattata ed inviata dal soggetto minore essa è venuta in esistenza su impulso dell’altro soggetto. Ne consegue che se il soggetto non avesse tenuto una simile condotta (richiedere la foto) questa non sarebbe mai venuta in esistenza, anche se la richiesta ha semplicemente fomentato un proposito già esistente. Il minore dunque viene oggettificato dalla condotta del soggetto agente diventando, semplicemente, un tramite dello stesso. La condotta, in questo caso, equivale a quella di chi produce le foto di un soggetto inferiore ai 18 anni. Ciò, infatti, può affermarsi sulla base dell’evoluzione normativa, sia nazionale sia sovranazionale, che mira a un’estensione sempre maggiore della tutela del minore e sanziona qualsiasi comportamento diretto a lederne il libero sviluppo psicofisico e sessuale.

pedopornografiaNonostante la normativa finora analizzata non abbia subito, di recente, particolari innovazioni, si può pacificamente affermare che la stessa sia in una continua evoluzione. La tutela del minore, da intendersi come soggetto vulnerabile, è al centro delle più innovative direttive comunitarie. In questi casi la volontà del legislatore è quella di tutelare un soggetto particolarmente fragile che spesso non ha alternative se non quelle di cedere all’abuso. In tale ottica, dunque, devono leggersi tutte le norme poste alla tutela del minore così come tutte le interpretazioni più recenti in materia operate, invece, dalla giurisprudenza. Oltretutto il facile accesso alla tecnologia e, in particolare, ai social network ha ulteriormente modificato le dinamiche sociali generando situazioni fino a poco tempo fa inimmaginabili. Prescindendo dalle ipotesi patologiche, quelle dei pedofili, l’attuale rischio è dato dall’uso inconsapevole della rete da parte dei giovani. Come abbiamo visto, infatti, diversi comportamenti che a un primo sguardo possono sembrare innocenti o, addirittura, “normali” possono avere rilevanza penale e, in molti casi, le conseguenze sono gravissime.

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