Il Totocalcio salverà il campionato?

In un periodo storico come quello che stiamo vivendo, alle prese di una quotidianità dettata dai tempi di una pandemia di livello globale, è difficile e complicato fare previsioni su tutto quello che potrà accadere nel futuro. Nell’incertezza dell’attualità ci sono molti che stanno lavorando a un dopo Covid-19, chi più chi meno consapevoli del fatto che niente sarà più come prima. Con estrema probabilità dovremo abituarci al fatto che alcune attività normali fino allo scatenarsi del coronavirus nel mondo non torneranno, e accettare molte nuove abitudini. Specie in ambito sportivo, le dichiarazioni del ministro dello sport Vincenzo Spadafora della scorsa settimana lasciano poco spazio a una pronta ripartenza della Serie A:

Riprendere le partite il 3 maggio è irrealistico […] Vivono in una bolla, devono capire [le società di calcio, N.d.R.] che niente dopo questa crisi potrà più essere come prima

Per far fronte al prolungamento dello stop dei campionati e ai mancati introiti che metteranno in crisi tutta l’industria del calcio italiano, che produce 4,7 miliardi di euro di fatturato diretto, garantendo più di 250.000 posti di lavoro qualificati e non, sono allo studio diverse soluzioni. Oltre all’eventuale ritorno delle sponsorizzazioni delle agenzie di scommesse, messe fuori legge dal Decreto Dignità, sta prendendo piede anche un rilancio del Totocalcio, i cui ricavi possano finanziare il sistema messo a dura prova da questi mesi di blocco totale. Una speranza ambiziosa, che ricorda quella con cui nacque proprio la Sisal e il Totocalcio nel 1946.

Massimo della Pergola e un’intuizione in un campo di prigionia

Affidarsi al Totocalcio pare un’idea che trasuda romanticismo e nostalgia di un calcio che non c’è più. Però è innegabile che questo gioco inventato nel 1946 faccia parte dell’immaginario collettivo italiano, a partire dall’iconico “fare tredici”, diventato modo di dire e sinonimo del “colpo di fortuna”. Il concorso a premi della Sisal nacque nell’Italia che si stava rialzando dopo gli orrori della seconda guerra mondiale. La domenica del 5 maggio 1946 fecero capolino nei bar italiani 5 milioni di schedine, dove vi erano segnate le dodici partite che si sarebbero giocate quel giorno: Quattro del girone finale di Divisione Nazionale, due del girone finale della serie B-C Alta Italia e sette della Coppa Alta Italia. Accanto alle partite le caselle dove inserire il pronostico: 1 – X – 2.

Totocalcio
La prima schedina della Sisal. con le dodici partite del concorso (si vinceva con il dodici) più altri due incontri di riserva, che sarebbero subentrati qualora una o due delle partite delle prime dodici non fossero risultate valide.

Dalla prima schedina della storia dello sport italiano si notano alcune squadre che non esistono più, come la compagine genovese della Sampierdarenese, che sarebbe diventata Sampdoria nell’agosto del 1946, e altre società che oggi militano per lo più in Eccellenza, come la Sestrese e il Vigevano. L’idea della schedina venne a un giornalista sportivo di Trieste, Massimo Della Pergola, che assieme a due amici e trecentomila lire di capitale sociale fondò la Sisal. Massimo era scampato alle leggi razziali girando mezza Italia, recuperando moglie e figlio ed espatriando clandestinamente in Svizzera la notte di natale del 1943, dove venne arrestato. Fu durante la prigionia elvetica che Della Pergola pensò a come poter finanziare la ricostruzione dello sport in Italia: istituire un gioco a pronostici che potesse finanziare stadi, palestre, piste di atletica e attrezzature sportive. Un’idea che, dopo l’iniziale scetticismo del CONI, fece ricredere tutto il governo sportivo italiano.

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Massimo Della Pergola assieme al tabellone delle partite della sua creatura, il Totocalcio. Foto: Facebook

Il primissimo concorso del 5 maggio 1946 lo vinse un impiegato milanese di 43 anni, Emilio Biasetti, che investendo 30 lire nella schedina si intascò il montepremi di 463.846 lire, indovinando il risultato esatto delle dodici partite della giornata. Per passare da dodici a tredici partite da indovinare, da cui fu tratto il modo di dire “fare tredici”, si sarebbe dovuta aspettare la stagione 1950-1951, mentre nel frattempo il gioco iniziò a spopolare nello stivale che era intento a ricostruire infrastrutture e l’unità nazionale. Nel giro di due stagioni il concorso triplicò gli incassi, e dallo scetticismo del CONI si passò alla pronta nazionalizzazione della Sisal nel 1948. Il gioco fu ribattezzato Totocalcio, e la creatura di Della Pergola non fece altro che crescere, sia in popolarità che nel giro d’affari. Gli introiti erano infatti divisi tra il montepremi, che si prendeva la fetta più grossa, il 45 %, e lo Stato italiano, il CONI e la FIGC, rispettivamente il 16%, 7% e 5%. Il restante andava alle ricevitorie, che si intascavano il 7%, e la Sisal, che incassava il 20% restante. Le centinaia di milioni in palio ogni domenica facevano gola, e in seguito alle vittorie non mancavano le interviste a operai, minatori e casalinghe che avevano indovinato la sequenza esatta di risultati.

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Il declino e il rilancio del Totocalcio

Gli anni Ottanta e Novanta furono particolarmente munifici come montepremi, arrivando alla vetta massima di quasi 35 miliardi di lire nel 1993. E da quel momento, complice l’introduzione di altri concorsi legati al mondo del calcio come il Totogol, Totosei e Totobingol, la liberalizzazione delle scommesse sugli eventi sportivi e l’introduzione di altri giochi a pronostici con montepremi più elevati come il Superenalotto hanno determinato un graduale declino della popolarità e dei montepremi del Totocalcio, che ad oggi con l’ultimo concorso pubblicato mette in palio 181.156,62 €. Importo notevole ma di gran lunga lontano da quelli del periodo d’oro del concorso sportivo, che di fatto è venuto meno anche nel sostegno finanziario al CONI.

Vista però l’emergenza Covid-19 si è fatta largo l’idea di rilanciare il gioco inventato da Massimo Della Pergola, proponendo un’altra forma più accattivante come il 7+7, dove bisognerebbe azzeccare sette risultati vincenti e sette parziali relativi ai primi tempi delle partite. Una formula più facile che potrebbe attirare giocatori e proventi, che la FIGC e il CONI sarebbero lieti di incassare, se al contempo passasse anche una modifica legislativa, che permetta al governo del calcio e dello sport in generale di aumentare il dovuto dagli incassi delle eventuali schedine. Schedine che probabilmente esordiranno con la stagione 2020-2021, dato che ad ora non ci sono ancora date certe per una ripresa del campionato sospeso da più di un mese. E in un momento di crisi nazionale e sportiva come questa, ci sono parecchie similitudini tra il 1946 e il 2020, sopratutto nello scopo del concorso sportivo inventato dal giornalista triestino che, pare, non abbia mai giocato al gioco da lui inventato: la speranza che lo sport in Italia possa ripartire al più presto e regalare di nuovo momenti di svago e serenità.

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