Domani, il nuovo giornale di Carlo De Benedetti e il futuro dell’informazione

Il 15 settembre è uscito il primo numero di Domani, il nuovo giornale cartaceo e online fondato da Carlo De Benedetti. La nascita di questo quotidiano ha suscitato curiosità e interesse non solo tra i giornalisti e i lavoratori del mondo dell’informazione, ma anche da parte di molti lettori. De Benedetti, infatti, è stato per oltre trent’anni una figura di riferimento del gruppo Repubblica/L’Espresso, prima come azionista e poi come editore. La genesi di Domani si intreccia con la fine del rapporto tra Carlo De Benedetti e il Gruppo GEDI, l’editore di Repubblica oggi controllato da Exor, la società della famiglia Agnelli-Elkann.

In tanti si sono chiesti se distribuire un quotidiano di carta nel 2020 sia un’idea vincente. Quali sono gli obiettivi di questo progetto editoriale? Domani sarà in grado di innovare il modo di fare informazione in Italia?

Da dove arriva Domani

Facciamo un passo indietro. GEDI nasce nel 2016 a seguito della fusione tra il Gruppo L’Espresso (che De Benedetti aveva ceduto ai propri figli nel 2013) e Italiana Editrice, azienda guidata da John Elkann ed editrice, tra gli altri, dei quotidiani La Stampa e Il Secolo XIX. Il nuovo assetto societario ha prodotto grandi cambiamenti nella linea editoriale di Repubblica, che Carlo De Benedetti critica in maniera sempre più aspra, arrivando a prendere le distanze persino da Eugenio Scalfari, che di Repubblica è uno dei fondatori. A questa situazione si aggiunge la rottura tra l’imprenditore e i propri figli, accusati di non avere «la passione per fare gli editori».

La cronaca di queste vicende rende più facile capire perché Carlo De Benedetti, a 85 anni, abbia deciso di inventarsi un nuovo giornale. Nel corso di una intervista rilasciata al Corriere della Sera, l’imprenditore spiega che il posizionamento di Domani è riformista, e che sarà perlopiù un giornale digitale. Il direttore, Stefano Feltri, nell’editoriale pubblicato sul primo numero del quotidiano aggiunge che «i giornali imparziali non esistono, quelli onesti dichiarano le proprie preferenze. Domani difenderà le ragioni della democrazia liberale, nella quale decide la maggioranza ma nel rispetto dei diritti di tutte le minoranze. La storia della democrazia liberale si intreccia a quella del libero mercato, che in Italia viene sempre limitato e distorto per difendere rendite e privilegi, di solito a spese dei contribuenti, mentre la nostra priorità saranno le disuguaglianze».

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Offerta, proposte, obiettivi

La prima impressione che si ha sfogliando Domani è che sia un quotidiano per lettori “forti”. La cronaca pura è presente solo in due colonne nelle pagine centrali e il taglio degli articoli predilige l’approfondimento piuttosto che il racconto dei fatti. Una scelta editoriale utile a collocare in maniera riconoscibile il giornale nel mercato dell’informazione. La presenza di numerose firme autorevoli nelle sezioni Analisi (focus specifici) e Idee (le pagine culturali) rafforzano questa sensazione.

Sport e spettacoli sono trattati in maniera meno assidua rispetto ai concorrenti, e anche questa è una decisione che trova le proprie ragioni nella volontà di offrire ai lettori qualcosa di diverso. Un tema a cui la redazione intende dedicare ampio spazio è l’ambiente, che il direttore Feltri definisce «la più profonda delle forme di disuguaglianza». Poco spazio per grafici e tabelle, un dettaglio curioso visto il successo crescente del giornalismo visuale e fatto con i dati.

Domani si può acquistare in edicola a un euro, oppure si può leggere online. Sul sito web sono disponibili più articoli rispetto alla versione cartacea. Alcuni sono accessibili gratuitamente, altri invece sono riservati agli abbonati. Chi si abbona può proporre al giornale inchieste e temi da approfondire e i lettori possono decidere di sostenere i singoli progetti con una donazione. Un tentativo, questo, di individuare nuovi modelli di business per il sostentamento del giornale.

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Il futuro dei giornali

Il dibattito sulla crisi del mercato dell’informazione va avanti da oltre dieci anni. L’andamento negativo delle vendite dei quotidiani cartacei ha avuto come conseguenza principale il drastico calo dei ricavi pubblicitari per gli editori. Nel frattempo è aumentato il traffico sui siti web dei giornali: molte testate hanno quindi pensato di coprire le perdite con maggiori inserzioni nelle proprie edizioni online. Una scelta che, tuttavia, si è rivelata insufficiente e – in alcuni casi – addirittura controproducente. All’estero diversi giornali hanno sperimentato soluzioni diverse per cercare di invertire il trend. In tutti i casi, ciò che ha certificato il successo o il fallimento di queste operazioni di rilancio è stata la qualità del prodotto offerto. Il New York Times, per esempio, vede i propri ricavi in crescita continua e il merito è degli abbonamenti, offerti anche a prezzi molto competitivi a determinate fasce di lettori.

Volumi di vendita dei quotidiani in Italia tra il 2008 e il 2018. Fonte: DataMediaHub.

In Italia, anche sotto questo punto di vista, siamo indietro. I giornali storici faticano a rinnovarsi perché la raccolta pubblicitaria è ancora la fonte principale dei loro ricavi e per questo cedono facilmente al clickbait per attirare traffico sulle proprie pagine web. Le innovazioni più interessanti arrivano da alcuni progetti editoriali nati online. il Post, per esempio, sta riscuotendo un notevole successo dal proprio sistema di abbonamenti. Oppure Linkiesta, che sta sperimentando una versione cartacea del proprio giornale. Un altro tentativo interessante per recuperare i ricavi attraverso canali alternativi.

E Domani? Carlo De Benedetti – che, almeno in questa fase iniziale, sembra il vero rappresentante del giornale a discapito del direttore – ha fissato in trentamila lettori tra digitale e cartaceo l’obiettivo da raggiungere per garantire al progetto di essere in utile. Saranno sufficienti la presenza sul web e in edicola e il sistema di abbonamenti? Staremo a vedere, e buon lavoro alla redazione.

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