Renzi rottamerà anche l’Avvocato del popolo

Il Recovery Plan mette in stallo la maggioranza. Matteo Renzi, leader di Italia Viva, minaccia di ritirare le sue ministre Elena Bonetti (Pari opportunità) e Teresa Bellanova (Politiche agricole e forestali) dal governo, mentre il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte muove i suoi alleati nell’Esecutivo (Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Liberi e Uguali) per scongiurare la rottura.

Le tensioni nel governo Conte II si protraggono ormai da quasi un mese. Sul tavolo l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund (lo strumento dell’Eurozona per la ripresa economica), del vituperato MES (Meccanismo Europeo di Stabilità, che prevede prestiti agevolati per spese sanitarie attraverso la sua linea di credito “Pandemic Crisis Support”) e la contesa nomina dell’Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica (che coordina i servizi segreti italiani, ancora in mano a Conte), con gli spettri del rimpasto e dello scontro in Parlamento che aleggiano su Palazzo Chigi. Temi delicati, che Renzi sta usando per capitalizzare il suo peso risicato nella maggioranza.

 

Le concessioni di Conte

Renzi Conte

Il Presidente del Consiglio, dal canto suo, ha teso la mano al senatore di Rignano per disinnescare la crisi. Se la delega ai servizi non sembra essere sul piatto, l’Avvocato del popolo potrebbe cedere sulla Fondazione di intelligence. La struttura pubblico-privata sulla cyber sicurezza, da lui tanto voluta, è sgradita al leader di Italia Viva, e anche PD e COPASIR (il Comitato parlamentare sui servizi segreti) si sono espressi negativamente a riguardo già a novembre scorso. Anche la gestione e la ripartizione dei fondi europei al centro della trattativa: Conte sembra essere disposto a rinunciare al suo progetto, una cabina di regia con sei super manager e trecento consulenti, in favore di un meccanismo più partecipativo e aperto al Parlamento.

In merito, lo scorso dicembre Renzi aveva dichiarato: «Conte sulla cabina di regia sta facendo un errore che può evitare fermandosi. Non credo che il premier vada avanti, credo che cambierà idea. A meno che non abbia accordi con altri, cioè se ha una maggioranza che non conosciamo, altrimenti si ferma. Secondo me Conte non si impunta, se lo fa il Parlamento è sovrano». La bozza del Piano Nazionale per Ripresa e Resilienza (PNRR) è teatro dello scontro interno alla maggioranza: come e per cosa verranno usate le risorse dipenderà dalla concertazione fra Italia Viva e gli altri partiti di governo.

 

Le armi di Renzi

Renzi Conte

Due ministre, trenta deputati e diciotto senatori. Questo il manipolo di parlamentari su cui può contare il “rottamatore” per agitare le acque della crisi. Numeri piccoli, ma decisivi per la tenuta della maggioranza nelle due Camere. Se a Montecitorio la defezione di Italia Viva non sarebbe determinante per la tenuta del Conte II, è a Palazzo Madama che si gioca la partita. Con i renziani all’opposizione, infatti, i sostenitori dell’esecutivo potrebbero non bastare per raggiungere la maggioranza assoluta.

Conte lo sa. Da Palazzo Chigi, infatti, filtra che alcuni esponenti di altri partiti (o del gruppo misto) sarebbero pronti a sostenerlo da fuori (i cosiddetti “responsabili”). Scenario plausibile, ma politicamente incerto: basterebbe la minima frizione a mettere in pericolo la tenuta non solo del governo, ma dell’intera legislatura. L’ipotesi di una conta in aula non entusiasma gli altri partiti della maggioranza e ancor meno il Colle, che preme per la stabilità temendo le elezioni anticipate. Eventualità resa ancor più rischiosa dalla pandemia imperante.

Il leader di Italia Viva, nonostante le aperture del Presidente del Consiglio, non molla la presa. «Abbiamo letto le 132 pagine del Recovery Fund e non ci convincono». E ancora: «Bisogna mettere più soldi su cultura, turismo, giovani. La Next Generation sono i giovani: diamogli qualcosa dopo aver chiuso le scuole. Mi spiegate perché non mettete i trentasei miliardi del Mes sulla sanità?». Questo il commento caustico alla nuova bozza del PNRR, preparata in fretta e furia nel tentativo di ricucire lo strappo.

 

Conte destituito?

Renzi Conte

Il vertice dei capi delegazione della maggioranza ha gettato ancora più benzina sul fuoco della crisi. Al centro del contendere l’uso dei fondi del Recovery Plan e la stesura del piano. Obiettivo di Iv è allungare i tempi della rottura e guadagnare giorni. O almeno così sembra, dalle dichiarazioni dei renziani.

«Per tenere in ostaggio un documento – dicono – il documento dovrebbe essere disponibile. Ma il documento sul Recovery Plan non c’è. Finché non c’è un testo completo dove si capiscano puntualmente i contenuti non c’è alcun motivo di essere convocati in Consiglio dei Ministri [CdM, N.d.R.]». I delegati di Italia Viva puntano ad avere il testo pronto entro un giorno dal prossimo CdM, che secondo le indiscrezioni potrebbe avere luogo già martedì o al più tardi mercoledì.

Conte, nel frattempo, predica calma: «Ciascuna forza può riconoscere l’incidenza delle proprie proposte nella nuova bozza e apprezzare i significativi passi avanti». Gli fanno eco gli altri partiti di maggioranza, ma Renzi ribatte: «Non solo il premier non ci ha detto chi ha scritto il primo Recovery, ma la maggioranza del Mef [Ministero dell’Economia e delle Finanze, N.d.R.] non l’aveva letto. Hanno fatto passi avanti, ora è possibile avere un testo? Abbiamo avuto solo una sintesi di tredici pagine».

Per sbrogliare la matassa sarà decisivo il CdM di questa settimana. Solo allora si capirà se Conte sarà costretto a salire al Quirinale per rassegnare le dimissioni, se nascerà un Conte ter, se sarà scontro in aula o se Renzi rottamerà anche l’ “Avvocato del popolo”.

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