“Il paradiso per sottrazione”: il dualismo interno di un deviante

Riuscire a trasportare la storia in un romanzo è un’impresa a dir poco ardua. Raccontare i fatti, attraverso immagini, ricordi e gesti, senza snaturarli e senza metterli in secondo piano rispetto alle logiche della trama di un romanzo, è una dote che solo in pochi possono dire di avere. Uno di questi è Daniele Trovato che ne Il paradiso per sottrazione (Alter Ego Edizioni, 2020) ha messo nero su bianco un piacevole racconto con uno sfondo mozzafiato composto da pillole di storia contemporanea, concetti delle scienze sociali e una spruzzata di grammatica politica che male non fa.

La copertina ben riuscita pone subito il lettore davanti a un’interpretazione verosimile di ciò che poi incontrerà nel libro e rende il racconto di Trovato stimolante per tutti coloro che amano la storia, che l’hanno studiata sui manuali e che allo stesso tempo sentono il bisogno di osservarla da un punto di vista diverso, quello appunto di un romanzo di narrativa. Il paradiso per sottrazione narra la storia di Marco Bezzi, anarchico da un lato e “complice” del sistema tanto ripudiato dall’altro. Ciò che emerge da questo racconto dalla trama snella ma intrigante è il dualismo che lacera l’esistenza di Marco, in una realtà socio-politica intensa e complessa. E poi, come in tutti i dualismi interiori che si rispettino, c’è la componente emotiva: l’amore. La relazione di Marco con Monica diventa tanto intensa quanto significativa all’interno della trama, senza però mai finire nel cliché.

Inoltre, ciò che salta all’occhio di chi scrive è proprio l’ambientazione del racconto e la volontà di riportare alla luce fatti storici spesso poco raccontati, senza cadere nella retorica e senza appesantire il romanzo. Perché con questo libro Daniele Trovato ha la possibilità di stuzzicare l’interesse dei più giovani che magari il G8 di Genova non l’hanno mai sentito, che non conoscono le atrocità della Diaz o che quando leggono “Piano Solo” forse ipotizzano un assolo di pianoforte. La guerriglia urbana è raccontata da una penna che non solo l’ha studiata nel dettaglio ma che, forse, ne condivide anche tratti dello spirito.

Leggi anche: Un viaggio a cavallo di un proiettile – Recensione di Sei colpi di pistola di Carlo Floris.

Impostazioni privacy