Università 21: l’università possibile

Università 21 è la prima associazione in Italia che permette a ragazzi portatori di disabilità cognitivo-comportamentali di vivere il mondo universitario. Tutto questo è possibile grazie al lavoro di un team educativo qualificato e alla sinergia con l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

Oggi theWise Magazine ha incontrato Università 21 tramite Loretta, presidentessa, Silvia, educatrice e coordinatrice didattica, Rita, studentessa, e Sara, ex studentessa.

Loretta, come è nata Università 21?

«Università 21 nasce dall’esperienza mia e di mio figlio Jacopo, affetto da disabilità cognitiva. Alla fine delle scuole superiori, abbiamo provato a inserirlo all’università. Non vi si può però accedere senza un diploma valido. I ragazzi con disabilità non lo hanno, ma sono in possesso di un attestato di frequenza, non valido legalmente. Jacopo ha iniziato a frequentare il Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione a Reggio Emilia come uditore. Non avrebbe quindi potuto dare esami e partecipare pienamente alla vita universitaria.

Jacopo era molto entusiasta della sua nuova avventura. Grazie all’aiuto del professor Giliberti, docente di didattica e pedagogia speciale, e il professor Zanetti, all’epoca direttore del Dipartimento di Educazione e Scienze Umane, siamo riusciti a creare un percorso più strutturato. Alla fine di ogni corso ci sarebbe stato un “esame”, e alla fine degli “esami” una “tesi” su un argomento a piacere. Ci tengo a precisare che al termine di questo percorso, gli studenti di Università 21 non conseguiranno una laurea, ma avranno vissuto un’esperienza unica in termini di socialità, crescita e sviluppo verso l’età adulta.

Era il 2015. Ho pensato che l’esperienza di Jacopo potesse essere utile a tanti altri ragazzi come lui, che volevano studiare ma non avevano un diploma. Siamo partiti con due ragazzi. Oggi ne abbiamo diciassette, divisi tra Scienze dell’Educazione, Scienze della Comunicazione e Storia e Culture Contemporanee. Siamo partiti un po’ “alla garibaldina”, ma abbiamo trovato sempre sostegno da parte delle istituzioni e da parte delle famiglie dei ragazzi. L’Università di Modena e Reggio Emilia è sempre stata dalla nostra parte, come anche il Comune di Reggio Emilia, nella persona dell’ex assessore Matteo Sassi».

università 21
Loretta e Jacopo. Foto: Mario Cocchi.
Silvia, so che sei stata una compagna di studi di Jacopo. Come mai hai deciso di rimanere in Università 21?

«Ho conosciuto Jacopo il primo anno di università. Fin dalle prime lezioni ha legato con me e con tanti altri ragazzi. Ho vissuto tutto il suo percorso, compreso il momento conclusivo! Ho visto di persona quanto il percorso universitario avesse dato a Jacopo, ma anche quanto avesse dato a noi, i suoi compagni di corso, a livello di scambio e di relazione.

Quando Loretta mi ha dato la possibilità di replicare l’esperienza con altri ragazzi, ho accettato e ho vissuto quel momento come una piccola rivoluzione. Ho voluto esserci da subito e attivamente. Se guardiamo verso il percorso verso la vita adulta, di tutti i ragazzi, molte tappe fondamentali vengono negate. Pensiamo alla condivisione di alcuni spazi, che può venire meno dopo la fine delle scuole superiori. Università 21 permette di fare esperienze di socializzazione e di relazione molto importanti. Queste esperienze sono quelle che ti portano a guardare i tuoi limiti e, magari, anche a superarli».

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Come avete vissuto la didattica a distanza?

«Devo dire che è stata davvero tosta. L’anno scorso, quando abbiamo capito che si stava per chiudere, siamo state abbastanza reattive. Abbiamo spostato le attività ai domiciliari, andando a casa dei ragazzi. Contemporaneamente abbiamo insegnato loro a utilizzare Skype per le videochiamate. Quando c’è stato il lockdown, abbiamo continuato a far lezione e a incontrarci virtualmente. In accordo con i docenti, abbiamo poi sostenuto anche gli esami a distanza. Quest’anno abbiamo invece spostato le lezioni in sede. Abbiamo recuperato dei banchi e ci siamo un po’ reinventati. Proiettiamo sul muro le lezioni che i professori fanno online e cerchiamo di mantenere la nostra routine. I ragazzi si sono adattati benissimo e hanno imparato a usare strumenti che saranno utili anche in futuro.

Dopo un anno di restrizioni, tornare in presenza è molto bello, ma può anche spaventare. Si sono perse abitudini quotidiane ed è necessario risollecitare alcune capacità e alcune competenze che si sono perse. Stare a lezione, ascoltare e lavorare è un allenamento. Se si sta fermi, occorre ricominciare ad allenarsi!».

Università 21
Da sinistra: Rita, Silvia e Sara.
Sara, come mai ti sei iscritta? Come ti sei trovata?

«Io mi sono iscritta a Università 21 perché volevo imparare cose nuove e volevo vedere il mondo dell’università. Avevo anche voglia di fare nuove amicizie. In verità avevo un po’ paura ma, quando sono entrata, l’ho superata. Qui ho conosciuto Valentino, con il quale ho fatto amicizia. Abbiamo studiato insieme e abbiamo fatto tante cose belle. Io e Valentino ci siamo “laureati” insieme. Sono stata bene e mi sono divertita tanto. In una lezione abbiamo fatto un libro sensoriale e abbiamo fatto anche delle interviste ai ragazzi dell’università, chiedendo loro cosa fosse l’amore. Nella mia tesi invece ho parlato dell’asilo in cui ho fatto tirocinio, dove ho tenuto un diario di bordo».

Oggi che hai finito il tuo percorso, cosa fai?

«Io ho venticinque anni e oggi sono aiutante educatrice a Università 21. Aiutiamo i ragazzi che, come me e Valentino, hanno difficoltà a studiare. Abbiamo l’ufficio dove possiamo vederci e studiare per gli esami! Nelle mattine in cui non lavoro a Università 21, faccio l’aiutante maestra in un asilo a Reggio Emilia. Leggo dei libri ai bambini, li aiuto ad andare in bagno e li faccio addormentare».

I ragazzi nel cortile della sede di Palazzo Dossetti a Reggio Emilia.
Rita, tu invece sei ancora una studentessa. Come mai ti sei iscritta? Come ti trovi?

«Se devo essere onesta, sono entrata in Università 21 con un attestato di frequenza. Non con un diploma. Non sono proprio iscritta all’università! Ho scelto di venire a Università 21 perché restare a casa, finite le scuole superiori, non era un’opzione accettabile. Dovevo far qualcosa di più produttivo che potesse mettermi in relazione con altri ragazzi di Reggio Emilia. Io vengo da fuori, da Guastalla [paese sulle rive del Po, nella bassa reggiana, N.d.R.]. Devo dire che faccio fatica nelle relazioni. All’inizio è stato difficile, ero un disastro… Nelle relazioni, eh! Dopo ho iniziato a sciogliermi e ho pensato: “Questi ragazzi non sono poi così male!”. Mi hanno aiutato tanto, sono testarda e ci vuole una persona di carattere, come Silvia, per tenermi in riga».

Cosa vuoi fare una volta finito il tuo percorso?

«Ho fatto vari stage, ma ancora non ho le idee chiare. Tramite un’associazione e il Centro per l’impiego di Reggio Emilia sto cercando un lavoretto. Sono al terzo anno di università!».

Loretta, quali sono i vostri progetti per il futuro?

«Il primo progetto è partito ed è chiamato I Girareggio. I nostri ragazzi, attraverso un corso di formazione, hanno acquisito le basi per fare le guide turistiche “speciali” nella città di Reggio Emilia. Il progetto è stato sospeso a causa dell’emergenza sanitaria. Ora è ripartito con la programmazione. Ci tengo a precisare che l’idea è di Università 21, ma la realizzazione è in sinergia con la cooperativa sociale Coress e le Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia.

Abbiamo poi l’intenzione di progettare veramente un futuro ai nostri ragazzi. Anche se non hanno una laurea, hanno comunque studiato e hanno lavorato su sé stessi. Sarebbe giusto, secondo noi, inserirli nel mondo lavorativo. L’obiettivo è che queste attività lavorative si avvicinino alle esperienze di studio e di tirocinio vissute a Università 21. Vorremmo poi ampliare i momenti di socialità e di incontro al di fuori dell’attività di studio. Aspettiamo la ripresa delle attività in presenza e vedremo come andranno le cose!».

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