La web radio Radiogobetti Internescional: una voce per l’inclusione

Radiogobetti Internescional è una web radio nata nel gennaio 2018 e gestita da educatori, insegnati di sostegno ed alunni dell’Istituto Superiore Piero Gobetti di Scandiano, in provincia di Reggio Emilia. Come si legge sulla loro pagina Facebook, il motto di questa iniziativa è «Una voce per l’inclusione. Sfondiamo il muro del silenzio: la parola a loro!».

In un progetto educativo, l’inclusione degli alunni è l’obiettivo principale da perseguire: inclusione significa fare in modo che i ragazzi stessi siano protagonisti attivi, che siano proprio loro a impegnarsi per creare un cambiamento. È in questo senso che le pratiche inclusive devono divenire una vera e propria realtà quotidiana, sia nella scuola che nelle agenzie extrascolastiche.

Oggi theWise Magazine incontra Stefano Consolini, in arte DjSteve, educatore, disk jockey e speaker radiofonico, che ha dato vita a questo progetto.

Ciao Stefano, piacere di averti qui con noi. Sei un educatore, un DJ e uno speaker radiofonico. Come concili queste attività? Ci sono punti di incontro?

«Beh, per mia fortuna sia il DJ che lo speaker radiofonico, ma sopratutto il mio mestiere di educatore, sono per me una grande passione. Riesco quindi a conciliare benissimo il tutto: quando si fa qualcosa per passione, è tutto più facile. Penso sia soprattutto una fortuna avere un lavoro che piaccia davvero. Sarebbe difficile vivere una vita in cui ci si alza alla mattina, sperando solamente che arrivi sera.
Ci sono punti di incontro: sia come DJ dal vivo che come speaker radiofonico, e in particolare come educatore, il mio target sono sempre i giovani. Ritengo che la musica e la radio siano un canale privilegiato per entrare in contatto con loro, e perché no, lanciare qualche messaggio positivo.
Non è sempre facile però: le mode cambiano velocemente, e bisogna rimanere al passo con i tempi!»

Nel gennaio 2018 è andata in onda la prima puntata di Radiogobetti Internescional. Come hai avuto l’idea di creare nei locali della scuola in cui lavori uno studio radiofonico? Hai trovato appoggio da parte dei colleghi?

«Esattamente è partito tutto tre anni fa, negli ultimi mesi del 2017. Era già da un po’ che avevo questa idea, prendendo spunto dalle radio di college americani, ma non c’era mai stata l’occasione per costruire qualcosa di concreto. Il tutto nasce una mattina, me lo ricordo ancora: mi trovavo a Milano, la mia città natale e la scuola non era ancora iniziata. Ho ricevuto una telefonata da una mia collega, che mi avvisava che sarebbe arrivato un nuovo studente dalle scuole medie, appassionato di musica e di radio.
Da lì, con la collega Fabiana, abbiamo iniziato con un vecchio PC ed un piccolo microfono, servendoci dei locali del Centro Giovani di Scandiano, dove abbiamo trovato tantissima accoglienza da parte dei gestori della struttura.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti gli insegnanti e gli educatori che nel corso degli anni si sono alternati per rendere possibile questo progetto, e che mi hanno affiancato in questa avventura, tra cui Giorgia, Chiara e Paola.

Radiogobetti Internescional
Foto per gentile concessione dell’intervistato.

Ricordo qualche tempo fa, i ringraziamenti del preside del nostro istituto. Come dissi a lui, io sono solamente la punta dell’iceberg, poiché dietro di me ci sono persone molto preparate che lavorano al programma. Ho citato il preside non a caso, perché proprio grazie a lui ora abbiamo a disposizione un vero e proprio studio di registrazione. Con l’aiuto di suo figlio Marco, abbiamo scelto le strumentazioni migliori: ci sono un mixer, le casse, due microfoni e vari cavi, esattamente come uno studio professionale. Il tutto è stato poi sistemato in una postazione mobile».

Come mai avete inserito nel nome ‘Internescional’, scritto proprio così come si pronuncia?

«Questa è stata una mia idea, volevo dare quel tocco, passami il termine, di differente. Tutte le radio hanno sempre dei nomi altisonanti, noi volevamo qualcosa che facesse pensare che l’errore a volte è la cosa giusta da fare. Molti mi hanno scritto dicendo che ‘Internescional’ era scritto in modo sbagliato.
No, non è scritto in modo errato. Ci abbiamo pensato ed è stato fatto volutamente, perché descrive a pieno il nostro modo di essere e di lavorare. Il nome è piaciuto, e abbiamo deciso di tenerlo. In un secondo momento è stato creato il logo dai nostri ragazzi.»

Come sono gestite le puntate? Come avete organizzato spazi e tempi?

«Le puntate vengono impostate a seconda dell’ospite e sopratutto a seconda della curiosità dei ragazzi. Noi non ci siamo mai imposti e non abbiamo mai dato restrizioni. Nella ‘carriera’ della nostra radio abbiamo intervistato veramente di ogni: da campioni olimpici a ingegneri della NASA, abbiamo avuto attori, cantanti e persino i sindaci della zona. Abbiamo sempre voluto spaziare.
L’ospite viene contattato e fornisce le proprie disponibilità e nella settimana antecedente all’appuntamento, i ragazzi si preparano le domande cercando informazioni su chi verrà in trasmissione.
La nostra radio si occupa sopratutto di soddisfare la curiosità dei ragazzi e degli ascoltatori: ci piace chiedere ai nostri ospiti aspetti che difficilmente si sentono o si leggono altrove.

Come tempi, abbiamo sempre tenuto una mattina a settimana, preferibilmente il lunedì. Vista la grandezza dell’impianto di registrazione, abbiamo deciso di non utilizzare più le sale del Centro Giovani, ma di rimanere a scuola. L’intento iniziale, data la possibilità di avere il nostro ‘studio mobile’ su ruote, era quello di andare ogni volta in una classe diversa, per coinvolgere non solo chi fa parte del progetto, ma tutti gli studenti della scuola. Abbiamo allora iniziato con le classi dei ragazzi che già partecipavano a Radiogobetti Internescional, ma purtroppo ci siamo dovuti fermare a causa dell’emergenza sanitaria.
Speriamo nel prossimo anno scolastico!»

Tra i vostri ospiti, avete avuto campioni olimpici e ingegneri aerospaziali. Con quale criterio scegliete gli ospiti per le puntate?

«Come dicevo prima, non c’è un criterio ben definito. Lasciamo molta libertà e tutti vengono coinvolti. Chi ha interesse o conosce qualcuno che possa essere intervistato, viene coinvolto. Tutto nasce spontaneamente, non c’è nulla di deciso a tavolino.»

Quale è il ruolo dei ragazzi? È un progetto realmente inclusivo, che li rende protagonisti attivi?

«Il ruolo dei ragazzi è quello di preparare le domande, ma anche quello di contattare eventualmente gli ospiti. Il progetto piace perché non c’è nessuna forma di costrizione e viene lasciata grande libertà.

Penso che il progetto sia realmente inclusivo: questa è la radio della scuola. Io posso condurre il programma, ma a fare le domande sono proprio i ragazzi.
Ti posso garantire che se all’inizio alcuni presentavano una grande timidezza, oggi a distanza di tre anni è difficile frenarli, fanno domande in continuazione! Credo che questo sia il vero raggiungimento dello scopo del progetto, cioè avere alunni curiosi e partecipi».

Come è proseguito il progetto in tempi di quarantena e di coronavirus?

«A fine febbraio, quando è stata disposta la chiusura delle scuole, avevamo già appuntamenti programmati. Fra colleghi ci siamo consultati, e abbiamo deciso di continuare la programmazione in videoconferenza. Si è aperto un mondo: non avevamo mai pensato a una soluzione simile, ma in questo modo è possibile intervistare persone da ogni parte del mondo. Con un po’ di tecnologia è possibile registrare tutta la puntata. Il risultato, a meno che non ci siano interruzioni di segnale, è lo stesso che si ottiene registrando in modo tradizionale in studio.

Abbiamo proposto di proseguire con la programmazione anche a scuola conclusa, per rimanere vicino ai ragazzi, poiché con l’estate si perdono i rapporti: tutti sono stati molto contenti. L’impegno è di un’oretta a settimana, ma a volte basta poco per rimanere vicino ai propri studenti.»

Puoi raccontarci l’episodio più divertente che è accaduto in diretta?

«Sono tutti momenti belli. Da quando abbiamo iniziato a fare le puntate in videoconferenza a causa del coronavirus, diciamo che qualcuno a volte si dimentica di avere il microfono aperto, e spesso si sente qualche mamma o fratello che urla in casa. Spesso si è trattato di inconvenienti tecnici, ma siamo sempre riusciti a risolverli nel migliore dei modi».

Pensi che questo progetto meriterebbe di espandersi, e magari diventare una vera e propria web radio autonoma?

«Perché no. C’è una forte richiesta di web radio e siamo anche stati contattati dalla radio ufficiale dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che ha mostrato molto interesse verso il nostro progetto. Sarebbe bello avere uno spazio e una radio che potesse funzionare, toccando vari argomenti all’interno del proprio palinsesto. È una considerazione che prendiamo sempre in modo favorevole, e speriamo di ampliare il progetto nei prossimi anni scolastici».

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