Il ruolo della Russia sul prezzo di benzina e diesel

Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, il prezzo di benzina e diesel è aumentato rapidamente in tutto il mondo. I timori degli investitori – preoccupati per una potenziale interruzione delle forniture di petrolio da parte della Russia – hanno provocato un significativo rialzo nel prezzo del greggio. Il valore del Brent Crude, il riferimento internazionale per la contrattazione di petrolio non raffinato, ha cominciato a crescere nei giorni precedenti all’inizio delle operazioni militari in Ucraina (24 febbraio), fino a raggiungere un massimo di quasi 140 dollari al barile il 7 marzo.

I Paesi europei importano dalla Russia circa il 20 per cento del loro fabbisogno totale di petrolio. Le sanzioni finanziarie imposte dall’Unione Europea contro la Russia hanno causato problemi immediati per gli importatori, che adesso faticano a trovare istituti di credito pronti a trattare con banche russe. Ci sono anche sanzioni “volontarie”: commercianti che in questa fase non vogliono fare affari con la Russia perché preoccupati per possibili complicazioni nei pagamenti, nelle spedizioni o nelle polizze assicurative.

Le conseguenze per l’Europa

Secondo le stime dell’Oxford Institute for Energy Studies, l’Europa perderà tra i due e i tre milioni di barili di petrolio russo al giorno. Adi Ismirovic, Senior Research Fellow e autore del libro Trading and Price Discovery for Crude Oils (‎Palgrave Macmillan, 2021), ha specificato che questa perdita potrebbe generare un aumento dai dieci ai quindici dollari al barile per ciascun milione di barili non consegnati.

Al momento, i governi europei non hanno ancora approvato nessuna sanzione diretta sul petrolio russo. «Il motivo è che Russia e Unione Europea sono come gemelli siamesi, non possono separarsi senza danneggiare entrambi», ha detto Ismirovic.

Petrolio e gas naturale costituiscono metà del budget russo. Di questo, l’80 per cento è petrolio e solo il 20 per cento è gas. «Dal punto di vista del Cremlino, il petrolio è un asset molto più prezioso, mentre per l’UE è il contrario, perché il gas è difficile da sostituire», ha spiegato Ismirovic. Secondo il ricercatore, se l’Unione Europea dovesse sanzionare il petrolio russo, Putin probabilmente reagirebbe limitando le esportazioni di gas. Una operazione lose-lose.

Oltre a fornire petrolio greggio, la Russia provvede anche al 50 per cento del fabbisogno europeo di diesel. Thomas Warner, Senior Reporter presso l’istituto di ricerca Argus Media, ha spiegato che per l’Unione Europea è difficile aumentare la produzione di carburanti proprio perché il processo di raffinazione prevede l’uso di gas naturale, che viene fornito dalla stessa Russia.

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Gli effetti su cittadini e imprese

I consumatori finali subiscono gli effetti dell’aumento dei prezzi delle materie prime con un ritardo tra le due e le quattro settimane. Questo, ha illustrato Warner, spiega perché, negli ultimi giorni, il prezzo di benzina e gasolio ai distributori sia ampiamente superiore ai due euro al litro, nonostante il valore del Brent sia sceso rispetto all’inizio di marzo.

«La buona notizia è che l’impennata nel prezzo finale del carburante che vediamo ora è il risultato del panico iniziale nei mercati. I prezzi dovrebbero ricominciare a scendere a breve», ha aggiunto Warner. Il ricercatore ha spiegato che il volume totale di greggio proveniente dalla Russia è inferiore a quello che l’Europa riceve in circostanze normali. Tuttavia, lo scenario di blocco totale della fornitura temuto dagli investitori non si è verificato, e a detta di Warner questo è un bene per il mercato.

In media, il prezzo del petrolio greggio incide su circa la metà del prezzo finale dei carburanti. Il resto è composto da tasse e accise aggiunte dai governi nazionali. Alcuni Paesi, tra cui l’Italia, stanno valutando interventi per ridurre alcune imposte sui carburanti (in particolare l’Iva) nel breve periodo, al fine di aiutare cittadini e imprese a fare fronte ai rincari.

John Kidd, Responsabile della Comunicazione dell’Unione internazionale dei trasporti su strada (Iru), ha espresso preoccupazione per l’industria dei trasporti. «Il sistema sta facendo i conti con seri problemi di cash flow», ha detto Kidd, spiegando che gli autotrasportatori devono saldare le fatture per i carburanti in anticipo, mentre ricevono le loro paghe due o tre mesi dopo. «La crescita nel prezzo del diesel sta mettendo in difficoltà un settore già sotto pressione per la crisi globale della supply chain», ha aggiunto il portavoce.

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Le scelte dei governi

«La decisione di tagliare l’Iva sui carburanti è positiva, ma è solo un punto di partenza», ha proseguito Kidd. L’Iru ha rilasciato nei giorni scorsi un comunicato in cui chiede ai governi di intervenire fissando un tetto limite al prezzo dei carburanti per gli autotrasportatori. L’Unione propone anche di ridurre o scontare le tasse agli operatori commerciali su strada.

Gli analisti sono scettici riguardo ai possibili effetti positivi di un taglio dell’Iva. Ismirovic ha definito questa scelta «una mossa populista per guadagnare consenso immediato». Abbassare il prezzo aumenta la domanda, ha spiegato il ricercatore, descrivendo come la decisione offrirebbe alle persone meno incentivi per trovare sostituti ai combustibili fossili. «I maggiori beneficiari di questa politica sono i ceti più ricchi, quelli che consumano più energia. Sarebbe meglio optare per altre forme di sostegno, come bonus economici erogati direttamente ai cittadini», ha suggerito Ismirovic.

Secondo gli osservatori, è probabile che l’instabilità proseguirà nel prossimo futuro. L’impennata del prezzo del petrolio greggio ha mostrato definitivamente le dimensioni della crisi energetica europea, che andrà affrontata a prescindere dagli sviluppo del conflitto in Ucraina e da eventuali sanzioni imposte al greggio russo.

L’Opec, l’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, potrebbe incrementare la propria produzione fino a due milioni di barili al giorno per contrastare le perdite del mercato europeo. Inoltre, se i governi decidessero di sospendere le sanzioni su Iran e Venezuela, questi potrebbero fornire un ulteriore milione e mezzo di barili al giorno. «La triste verità è che le persone che governano questi Stati non sono sempre esattamente democratiche», ha spiegato Ismirovic. «Nel lungo periodo dovremo trovare delle alternative. L’Europa ci sta provando con il progetto di transizione energetica, ma l’attuazione di questo piano andrebbe accelerata».

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