Il “Metodo Striscia” e la non-polemica con Nicola Lagioia

Si è appena conclusa la XXXIV edizione del Salone del Libro di Torino. La più visitata di sempre, ma anche quella della polemica (mancata) fra Striscia La Notizia e il direttore del Salone, Nicola Lagioia.

Da più di una settimana il tg satirico si sta occupando dello scrittore barese per una sua frase sessista pronunciata circa vent’anni fa. Bersaglio della frase era la scrittrice Melissa Panarello, allora molto in vista per il suo esordio (con lo pseudonimo Melissa P.) Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire . All’epoca un piccolo blog oggi inattivo rivolse a un ancora non troppo conosciuto Lagioia una domanda in merito alla scrittrice. Lo scrittore rispose con una frase volgare e sessista, della quale si scusò in seguito con la diretta interessata. Dopo un po’ di tempo, Panarello accettò le scuse e i due divennero amici.

La questione sembrerebbe conclusa. Se non fosse che oggi, a vent’anni di distanza, Striscia La Notizia vi ha costruito attorno circa una decina di servizi. Si può fabbricare una polemica ad arte? Le scuse valgono ancora qualcosa? Dove sta il confine fra il diritto d’inchiesta e l’uso strumentale del potere mediatico?

Salone internazionale del libro di Torino

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Striscia la Notizia contro Nicola Lagioia: i servizi

Nicola Lagioia vinse il Premio Strega nel 2015 con il romanzo La ferocia (Einaudi)

Già il 17 maggio, due giorni prima dell’inaugurazione del Salone, Striscia La Notizia ha iniziato a occuparsi della questione con un servizio di Rajae Bezzaz. Le riprese risalgono però all’edizione dell’anno precedente. L’inviata va in giro a intervistare nomi importanti del panorama editoriale e intellettuale italiano per chiedere loro cosa pensino della frase di Lagioia. Il più delle volte l’inviata tace sia quando la frase sia stata pronunciata, sia il seguito personale che ha coinvolto Nicola Lagioia e Melissa Panarello.

Bezzaz raggiunge dunque la scrittrice siciliana. Quest’ultima cerca di sottrarsi alle domande. È a questo punto che le parole di Bezzaz lasciano intendere che da parte di Panarello ci sia dell’opportunismo. L’inviata sottolinea il potere che Lagioia ha assunto nell’editoria e il fatto che sua moglie sia Chiara Tagliaferri, con cui Melissa Panarello ha scritto un podcast. Tutti i servizi, anche quelli seguenti, utilizzano di continuo un lessico mafioso fatto di espressioni come “omertà” e “cerchietto magico”, senza risparmiarsi uno sfottò con accento siciliano.

Un servizio del 20 e uno del 23 maggio mostrano poi una troupe di Striscia la Notizia tornata al Salone del Libro con lo stesso obiettivo dell’anno precedente: intervistare gli scrittori sul tema. Segue Enrico Lucci che ironizza con gli scrittori sulla frase pronunciata da Lagioia a suo tempo. Lucci raggiunge infine lo stesso Nicola Lagioia, il quale si scusa ancora.

La replica di Nicola Lagioia

Il 22 maggio 2022 Nicola Lagioia risponde con un post su Facebook . Nel post, Lagioia chiarisce di essersi scusato più volte e anzi di essere diventato amico della scrittrice siciliana. In seguito, accusa la trasmissione di aver messo in piedi una vera e propria campagna persecutoria, con tanto di volantinaggio non autorizzato, nei suoi confronti. Stando alle sue parole, Lagioia sarebbe colpevole di aver criticato la trasmissione nel 2009. Da allora, ogni tanto, vengono portati avanti da parte del programma attacchi mediatici nei suoi confronti.

La foto in cui Nicola Lagioia e Melissa Panarello si abbracciano che lo scrittore ha pubblicato insieme al suo post su Facebook

Il programma replica a sua volta con altri tre servizi, andati in onda tutti il 24 maggio 2022. Il primo è una lunga risposta al post di Nicola Lagioia, il quale viene definito “falsificatore” e “mistificatore”. In particolare, viene negata la presunta campagna diffamatoria nei suoi confronti. Anzi, sarebbe stato lo scrittore il primo ad aver parlato male della trasmissione, in merito a un servizio sul Cara (Centro d’Accoglienza per Richiedenti Asilo) di Bari. In questo modo, Lagioia avrebbe scatenato dunque una tormenta d’odio in direzione dell’invitata e del programma. Nel servizio si fa presente, anzi, che nel 2015 era stato sponsorizzato dalla trasmissione il romanzo di Lagioia, a sottolineare che non ci fosse alcun accanimento nei suoi confronti.

Il secondo servizio raccoglie una serie di meme, i quali ironizzano tutti sulla frase di Nicola Lagioia. Il terzo, invece, si occupa di Loredana Lipperini, nominata da Lagioia, e verte tutto su dichiarazioni rilasciate dalla giornalista nel 2011.

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Il “Metodo Striscia”

Striscia La Notizia usa come metodo l’agguato. Tale tecnica, però, non riguarda solo la metodologia di intervista, ma interessa in generale lo spirito che anima il programma. Le inchieste di cui Striscia si fa carico sono sempre infarcite di un atteggiamento aggressivo.

Prima si sceglie un bersaglio. Dopo si raccontano i fatti in modo che l’immagine che se ne vuole dare arrivi agli spettatori nel modo più diretto possibile. Il target può essere una persona, come in questo caso, o un’entità impersonale, come Tik Tok, Fortnite o Affari Tuoi. Una volta selezionato il bersaglio, l’obiettivo sembra essere quello di distruggerlo in tutti i modi. Successe a suo tempo con il celebre gioco a premi e continua succedere oggi. Pur di colpire ogni elemento è utile, dalle dichiarazioni di vent’anni prima alla stigmatizzazione delle vittime.

Anche la costruzione dei servizi, in ogni scelta di montaggio, rientra in questa logica. Ogni fotogramma serve a disegnare un ritratto negativo dello scrittore. In questo senso, la trasmissione possiede un’ottima arma nel suo arsenale: il porsi sempre sul confine fra inchiesta e satira. Striscia la Notizia può attingere a tutti gli strumenti dello scherzo per alleggerire i suoi messaggi. Può, però, anche trincerarsi dietro la serietà delle sue battaglie in caso di attacchi. «Noi siamo quelli che i falsoni li andiamo a stanare» dice Bezzaz in risposta alle accuse di Lagioia di mistificare la realtà.

All’interno dei servizi, il montaggio intermezza le riprese sul posto con i commenti dell’inviata. Così si può raccontare e manipolare qualunque cosa per far arrivare allo spettatore un unico pacchetto. Prima di intervistare lo scrittore Jonathan Bazzi, per esempio, l’inviata sottolinea come gli ospiti del Salone si sottraggano alle domande quando fatto il nome di Lagioia. Peccato, però, che Bazzi si allontani al sentire il nome della trasmissione, non quello del direttore. Lo stesso vale per la influencer e scrittrice Carlotta Vagnoli. Forse tanto loro quanto la stessa Melissa Panarello (che lo ha specificato in un post) più che fuggire per omertà non intendessero sottostare ai metodi adoperati dal programma.

Come usare ogni dettaglio

Ma ogni dettaglio, in realtà, rappresenta un uso strumentale e subliminale degli strumenti a disposizione. Dal volto di Nicola Lagioia che compare di continuo in sovraimpressione ritoccato e imbruttito alle carrellate di meme (introvabili online, quindi con ogni probabilità creati dal programma stesso) che ironizzano sul suo nome e sulla sua frase. Proprio il contenuto della frase (che in questa sede non viene volutamente riportata) è uno degli strumenti che la trasmissione usa di più. Ma, come ha fatto notare la stessa Panarello, è stato proprio l’uso continuativo del suo contenuto ad amplificarne la portata.

L’uso degli strumenti persuasivi non si ferma neppure di fronte alle soglie del surreale. Pur di mettere in cattiva luce il direttore del Salone del Libro vengono mandate in onda clip di un film il cui protagonista è un bambino che gli somiglia, suggerendo che le frasi di quest’ultimo siano da attribuire a un giovane Lagioia.

Altri meccanismi sono forse ancor più subdoli. Ogni volta che appare l’immagine di Lagioia che beve da una bottiglia di Strega (una sorta di rito per tutti i vincitori del Premio) la voce fuori campo usa un lessico inerente all’alcool e all’alcoolismo: “trangugiatore di Premi Strega”, “scrittore inebriato dal successo”. Oppure, nel commentare il servizio sul Cara di Bari del 2016, Bezzaz dice che Lagioia vede nazifascisti ovunque e questo gli ricorda qualcuno. Segue un video in cui la faccia dello scrittore viene sovrapposta a quello del presidente russo Vladimir Putin impegnato in uno dei suoi ultimi discorsi pubblici.

Nicola Lagioia ha vinto il più prestigioso premio letterario italiano nel 2015

Una shitstorm fallita

L’intento di Striscia la Notizia era scatenare una shitstorm nei confronti dello scrittore. La trasmissione ha persino avviato un sondaggio in cui chiedeva agli spettatori se pensassero che dovesse dimettersi. È curioso che questo atteggiamento venga proprio da una trasmissione il cui direttore è Antonio Ricci. Questi non ha mai nascosto il suo fastidio nei confronti del politicamente corretto e della cancel culture. Anche questi servizi, d’altra parte, abbondano di riferimenti critici a tali realtà. L’assunto di base è che viviamo in tempi di iper-censura, ma ci sono due pesi e due misure. Basterebbe appartenere a un certo ambiente, per esempio quello intellettuale, per venire assolti anche dal sessismo e risparmiarsi la cancellazione.

Tuttavia, con tutta questa attenzione ossessiva, il programma si è reso agente della cancel culture, adoperando gli stessi toni di condanna che tanto biasima. Il tentativo, però, è fallito. È sufficiente dare un’occhiata ai profili social della trasmissione per notare come i contenuti sulla questione abbiano avuto un numero di interazioni inferiore alla media. Se poi si vanno a leggere i commenti, circa la metà sono critici. A confrontare, infine, i post di Striscia con quelli pubblicati da Lagioia e Panarello, la sproporzione diventa lampante.

Forse il pubblico inizia a stancarsi di un modo di fare inchiesta che ha fatto il suo tempo. Una TV che trent’anni fa era innovativa e divertente oggi ha stufato, quando va bene. Quando va male fa indignare. È ora di definire il limite della satira e dello scherzo. Nella sua irrilevanza, la polemica fra Striscia La Notizia e Nicola Lagioia lascia un vuoto. Questo può essere lo spazio per un miglioramento, per un modo di ripensare in concreto in nostro rapporto con i media. O, quantomeno, per iniziare a notare gli usi strumentali del potere mediatico.

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