Morte e risurrezione delle barzellette

Che internet abbia mutato qualsiasi aspetto (o quasi) della nostra vita è indubbio, e che abbia enormemente mutato il nostro modo di fare umorismo è assodato. In questa micro-rivoluzione un piccolo evento è passato in sordina: Internet ha ucciso le barzellette. Poi le ha fatte risorgere. Per gli zoomer potrà sembrare strano, ma fino a non molti anni fa le barzellette erano ovunque: erano trasversali nell’editoria, dai siparietti in Topolino ai libri di barzellette di Geronimo Stilton e di Totti. Tutt’oggi le vignette umoristiche della Settimana Enigmistica sono uno strascico di quella cultura. Le barzellette erano un fenomeno così grosso che dal 1992 al 2008 è esistito La sai l’ultima, un programma televisivo, mandato in onda in prima serata che consisteva in un contest di barzellettieri; e, prima della diffusione di internet, la prima serata era qualcosa di enorme in tv.

Logo di La sai l'ultima, noto programma di barzellette
Logo storico di La sai l’ultima. Foto: IMDb.

Le barzellette sono un modo di fare humor piuttosto particolare: sono relativamente lunghe, lente e soprattutto ripetitive. Richiedono un minimo di capacità performativa, perché è importante saperle raccontare. I barzellettieri più di successo, infatti, non erano tanto gli inventori di barzellette quanto coloro che erano capaci di intrattenere il pubblico narrando con i giusti tempi comici e le giuste espressioni. Sono un formato lento e che richiede attenzione per tutta la narrazione perché, nonostante la ripetitività come elemento chiave del ribaltamento finale, i dettagli possono essere importanti. In più, essendo un fenomeno principalmente orale, non era raro di trovare tante variazioni della stessa barzelletta.

Un nuovo umorismo

Nel momento in cui internet incontra gli smartphone inizia compiersi la rivoluzione digitale: tutto diventa un flusso di informazioni rapido e cangiante. Al Facebook dei computer desktop si contrappongono le nuove piattaforme nate come app dinamiche e rapide: il microblogging alla Twitter e Tumblr e la rapidità delle immagini di Instagram rottamano la lentezza. La lentezza delle barzellette diventa improvvisamente deprecabile.

I Am Leg | Know Your Meme

Nel frattempo stava nascendo la cultura di internet con i suoi meme e gli internauti più rodati iniziavano a prendere consapevolezza di queste dinamiche. Alla barzelletta, apparentemente intraducibile nelle nuove vesti dell’umorismo, si preferisce sempre di più la battuta, sia in chiave sagace che in chiave becera, ma in ogni caso corta. La ripetizione non è più insita nella battuta ma è nella struttura stessa del meme, che riproposto in vari contesti assume ogni volta un significato diverso, costruendo così il rovesciamento comico dal contesto generale del meme e non solo dalla singola vignetta.

La sotterranea resistenza boomer

L’adozione delle nuove tecnologie, inizialmente, è stata un appannaggio quasi esclusivo dei millennials che, insieme ai vari nerd e lavoratori early adopters del Web, hanno creato una serie di linguaggi, una netiquette e in generale tutto un modo di approcciarsi a questo spazio virtuale a forza di prove ed errori con risultati che visti oggi possono anche sembrare cringe, se non proprio grotteschi. La cultura internet è stata solo un minimo pezzo di questo fenomeno. Mentre gli zoomer sono riusciti a entrare in queste dinamiche in modo invisibile, talvolta imponendo le loro usanze, per i meno giovani le cose sono state diverse.

Il loro ingresso nel web è stato lento e goffo e, in più, i boomer (intesi in senso di mentalità, non anagrafico) si sono trovati di fronte un mondo fatto di codici non detti e non scritti che tutt’oggi fanno fatica a comprendere. Per questo motivo si sono creati le loro convenzioni, altrettanto criptiche e implicite, facendo nascere così due mondi virtuali che pur condividendo le stesse piattaforme tendono a non comunicare tra di loro. Questa incomprensione reciproca è anche un elemento che va a esacerbare lo scontro generazionale.

Lo scontro generazionale attraverso i meme.

I meno giovani sono quelli che meno si sono lasciati prendere dalla frenesia e dalla rapidità imposta dalle piattaforme del web, riflettendo una serie di usanze del mondo reale in quello virtuale. Tra queste c’è la resistenza delle barzellette. Queste continuano a vivere sotto forma testuale in un fenomeno diverso da quello delle copypasta (tormentoni testuali non necessariamente di chiave comica, la cui comicità sta nel venire copia-incollato in altri contesti). Qualcosa stava per cambiare e la resistenza boomer sarebbe stata il preludio di un fenomeno molto più ampio. Questa resistenza porta involontariamente il nome di Uccio De Santis.

Uccio è un comico barese che, nonostante varie apparizioni nel cinema e in Tv a partire dagli anni Novanta, non era mai riuscito a ottenere una grande fama. A partire dal 2000 è divenuto una celebrità locale grazie a un suo programma televisivo chiamato Mudù, in onda più volte al giorno sulle reti locali del Gruppo Norba, le cui emittenti televisive e radiofoniche sono molto popolari in Puglia e dintorni. Il programma consiste in una serie di gag che trasponevano barzellette in forma video: i vari attori sono sempre gli stessi, tra cui altre celebrità locali, che si calavano in una serie di personaggi sempre diversi.

Gli spezzoni di Mudù hanno iniziato a circolare in rete, principalmente su WhatsApp: sorprendentemente sono riusciti a ottenere una popolarità underground travalicando i confini pugliesi, donando una nuova linfa al programma e riportandolo in vita, ottenendo così ulteriore materiale per alimentare il fenomeno.

Il mix tra la rapidità del formato video è vincente e ben si adatta ai paradigmi del web. Allo stesso tempo lo humor rimane molto classico, quello che ha caratterizzato il modo di fare comicità fino a prima di internet. Quello che non si poteva sapere è che le cose stavano per cambiare e che a essere precursori di qualcosa di grande sarebbero stati proprio i boomer.

La risurrezione del fantasma formaggino

Nel frattempo il mondo più o meno giovane ha avuto molte evoluzioni: la cultura di internet si è frammentata tra nicchie elitiste e i cosiddetti normaloni. I primi costituiscono l’avanguardia dei meme con forme di umorismo sempre più complesse e contorte, i secondi traggono spunto dalle mode dei primi fondendole a un umorismo più classico.

Nel frattempo cambia la società e cambiano anche le piattaforme. Nasce Vine che, nonostante il modello di business fallimentare, ha sdoganato i video brevissimi. Allo stesso tempo il concetto di storie di Snapchat, successivamente arrivato ovunque, ci ha abituati all’idea di contenuti usa e getta. Il tutto si fonde in TikTok, la piattaforma che ha raccolto l’eredità di Vine e ha cambiato le regole del gioco.

L’umorismo ha trovato un terreno estremamente fertile su TikTok, trasponendo in video quello che era il concetto di battuta o altre forme di umorismo tipico del meme (come quelli nonsense). Man mano che la piattaforma ha permesso video progressivamente più lunghi, i comici hanno potuto adattare la loro comicità a tempi che non fossero extrarapidi e con quindi un minimo di narrazione in più.

In questo modo, un po’ alla volta è stata reinventata la ruota, con contenuti che hanno un linguaggio molto simile a quello delle gag di Mudù e simili (che non avevano inventato nulla di nuovo per il mondo televisivo). Persino gli zoomer estranei al mondo delle barzellette sono finiti in questo fenomeno.

Quello che è successo, però, non è che questo nuovo umorismo abbia riportato in auge le barzellette nel mondo reale. Quelle continuano a essere inadatte al mondo attuale; tuttavia hanno trovato una nuova vita in un formato diverso. Internet, che aveva tolto lo spazio a un tipo di umorismo più lento, strutturato e performativo ma comunque popolare, ha permesso che questo tornasse in una società che nel frattempo era cambiata.

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