La RAI di qualità: il caso NEMO

Dopo un programma a bassissimo valore culturale aggiunto come quello visto la settimana scorsa, passiamo oggi a parlare di un prodotto che si distingue sicuramente per la qualità del racconto: NEMO – Nessuno escluso rappresenta oggi il talk a marchio RAI più interessante. Caratterizzato da uno stile leggero, tra il sacro e il faceto, capitanato da un’ottimo Enrico Lucci e una tagliente Valentina Petrini, sempre più a suo agio nel ruolo di conduttrice. Fattori che sembrano essere apprezzati anche dal pubblico, visto che quest’anno il programma viaggia con buone medie di share, pur non essendo minimamente vicine a quelle degli anni d’oro dei talk. Giovedì scorso il programma scritto da Alessandro Sortino ha interessato 1.330.000 spettatori pari al 5.8% di share, confermando i suoi numeri di questa edizione.

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Alessandro Sortino quando era ancora una “Iena”

Un discorso diverso, purtroppo, è rappresentato dai social, dove NEMO non riesce a pesare, come gran parte dei programmi RAI, che sembra ancora non essere consapevole dell’esigenze di affiancare vere e proprie sezioni web a questi tipi di produzioni.

Concentrandosi sul programma, si capisce subito perché i numeri, seppur inferiori ad altri, sono comunque positivi; con la grandissima maturazione avuta nel passaggio da Mediaset alla RAI, Enrico Lucci riesce a stupire per le sue analisi a tratti irriverenti, ma che riflettono sempre la realtà dei fatti, talvolta toccando i tratti più profondi dell’animo. La qualità della scrittura di questo programma viene fuori tutta nei 60 secondi dedicati a un ospite particolare come il padre di un poliziotto ucciso dalla mafia. In questo frangente si evidenzia appieno la differenza tra questo programma e gli altri talk, un mezzo che riesce a raccontare una storia di rara efferatezza, lanciando accuse circostanziate, senza una parolaccia, senza offese, senza inutili picchi di voce.nemo

Lo spessore giornalistico delle inchieste non è da meno, affrontando senza timore temi di stringente attualità; nell’ultima puntata abbiamo potuto vedere una interessantissima inchiesta sul caso Scarantino, il falso boss di mafia che riuscì a deviare le indagini sull’attentato a Borsellino. Un racconto coadiuvato dalla qualità degli inviati, rubati a programmi di approfondimento di Rai 3 e alle Iene.

La formula dei 60 secondi concessi agli ospiti sembra infatti funzionare e l’inserimento di un pubblico colto costringe gli ospiti a tenere un profilo adatto. Anche Salvini, ospite dell’ultima puntata, è sembrato quasi umano accanto alla conduttrice, che è riuscita facilmente a imbrigliare il leader del Carroccio, riportandolo sempre su discorsi concreti che poco hanno a che vedere con i suoi soliti slogan. È questo l’effetto NEMO, cioè quella proprietà accennata all’inizio di affrontare argomenti seri con una nuova chiave di lettura. In questo senso la mano di Enrico Lucci è ben presente, anche nella scaletta dei servizi, caratterizzata dalla presenza di evergreen “lucciani”, come il servizio nella balera della terza età, che vedemmo già alle Iene una decina di anni fa.

nemoUn programma che fa quindi bene al confronto e al racconto. Per questo il 6% di share deve essere interpretato come un ottimo risultato in questa edizione trainata dal caso Spada, ma che si distingue fermamente dalla media degli altri programmi di questo genere; riuscire ad avere questi numeri, rinunciando al populismo, al sensazionalismo, alla piacioneria, alle fake news, allo spaccio di veline più o meno presidenziali, è la dimostrazione che un’altra TV è possibile.

Enrico Lucci, per questo, rappresenta l’esempio vivente di mente pensante sopravvissuta al mezzo televisivo; con la sua scelta di passare da un programma come Le Iene a NEMO è riuscito a segnare una profonda linea rossa tra lui e gli altri, visto soprattutto l’infimo livello di qualità di quello che è uno dei principali programmi Mediaset.

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