Bello ma non si applica: Kingdom Come: Deliverance

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Kingdom Come: Deliverance si presenta sin dal suo debutto come un progetto ambiziosissimo. Il team di sviluppo, fondato appositamente per questo progetto e composto da membri delle squadre di altri giochi di successo, ha infatti cominciato la sua avventura su Kickstarter promettendo risultati eccezionali. Una volta raggiunta però la metà dello sviluppo di Kingdom Come, Warhorse Studios fa un annuncio significativo: ammettendo di aver sottovalutato le difficoltà nel portare avanti un progetto tanto lungo e complicato, e avendo quindi raggiunto una comprensione delle effettive risorse per completare il proprio percorso in maniera soddisfacente, Kingdom Come necessita di un editore. Raggiunto quindi un accordo con Deep Silver, Kingdom Come vede finalmente la luce il 12 febbraio 2018.

Kingdom Come: Deliverance

Una volta davanti a Kingdom Come ci troviamo quindi di fronte a un progetto mastodontico, non solo dal punto di vista videoludico. La peculiarità di questo videogioco sta infatti nell’accuratezza infusa in ogni dettaglio, avente come scopo finale quello di immedesimare il giocatore in un mondo reale e storicamente accurato. Non è infatti un caso che lo studio di sviluppo, Warhorse, sia localizzato a Praga, Repubblica Ceca, e che Kingdom Come sia invece ambientato nella Boemia del 1400. L’intero mondo di gioco è stato ricreato basandosi su fonti storiche. Ogni singolo dettaglio studiato in maniera minuziosa, mescolando ciò che il mondo antico ci ha narrato con i dettagli ancora osservabili al giorno d’oggi. Molto impressionanti erano le immagini fornite dallo studio per Kickstarter, in cui si potevano osservare fotografie dei luoghi reali paragonate alle loro ricostruzioni videoludiche, ma il prodotto finito risulta persino più grandioso. Parliamo infatti di 16 chilometri quadrati di mappa completamente esplorabile, ricreata in ogni minuscolo dettaglio in una maniera così doviziosa da rasentare la pazzia. Il posizionamento dei centri abitati, i dettagli delle aree naturali, persino i piani urbanistici delle singole cittadine, tutti queste caratteristiche sono state prese in considerazione per ricreare un mondo assolutamente fedele alla sua controparte reale. Inarrivabili sono però le ricostruzioni delle fortificazioni, dove presenti nell’ambientazione boema, che riescono a ricordarci come spesso la realtà possa tranquillamente superare ogni genere di fantasia. Non sono tuttavia da meno anche i riguardi riservati a tutte le altre aree di gioco: trascinati infatti da una recente riscoperta e studio delle radici sul nostro continente, e da una voglia sempre crescente di abbandonare i cliché del fantasy, Kingdom Come non ricrea solo una mappa storicamente accurata, ma un intero mondo di gioco. Ecco quindi che le peculiarità di una zona rurale non si traducono solo nelle classiche capanne dai tetti di paglia, ma anche in un vestiario, in un ritmo e in una cultura e folklore appropriati, lasciandosi indietro le camicette medioevali a colpi di farsetti e calzabraghe. Persino il sistema dell’inventario accentua questa tendenza con meccaniche apposite.

Kingdom Come
La mappa di Kingdom Come è molto caratteristica e funzionale: non solo troviamo una nebbia nelle zone non esplorate, ma sono anche presenti tutte le caratteristiche tipiche dei giochi del genere.

Chi non dovesse essere a digiuno in ambito RPG conosce bene infatti i massimi sistemi delle armature dei giochi di ruolo. Ciò che invece potrebbe magari ignorare è l’assoluta sciattezza dell’approccio fantasy alla realtà delle protezioni personali. Kingdom Come combatte attivamente anche questa sorta di falso storico, introducendo un sistema di equipaggiamento stratificato. Possedere infatti pezzi in maglia, in piastre o semplicemente protezioni imbottite non escludeva per forza la possibilità di indossarne diversi accoppiati, traducendosi quindi in un sistema di protezione a 360°, dove i materiali più flessibili andavano a proteggere le giunture e le parti mobili del corpo umano. Questo sistema, oltre a essere il più corretto dal punto di vista storico, concede anche al giocatore una libertà inarrivabile dal punto di vista del gioco di ruolo. Si può infatti decidere di accoppiare protezioni diverse tra loro a seconda del punto che si vuole proteggere, del ruolo che si vuole ricoprire, di quanto si voglia essere cospicui, modificando allo stesso tempo il modo di apparire di Henry, il protagonista della storia di Kingdom Come. Apparire è un altro dettaglio fondamentale in Kingdom Come, e ha risvolti assolutamente pratici integrati all’interno delle meccaniche di gioco. Il tipo di vestiario indossato dal giocatore andrà infatti a modificare l’opinione di coloro che lo circondano. In tempi duri come quelli tipici del Medioevo, basso o alto che sia, molti vestiti erano considerati un lusso non tanto diversamente dai giorni nostri. Buona parte della differenza sta però nella disponibilità: se oggi un avido risparmiatore può magari permettersi un maglione in cachemere senza neanche ragionarci troppo, alcuni capi di vestiario medioevali erano semplicemente inarrivabili per i più. Ecco che quindi indossare in gioco un’armatura di buona fattura, o anche solo un farsetto in broccato, fa sì che le persone siano ben disposte nei nostri confronti, modificando le loro reazioni e rendendoci disponibili nuove parti di dialogo da esplorare. Dialoghi che rappresentano buona parte del nostro tempo di gioco in ambito cittadino, e che hanno nei tempi bui un’importanza più che mai fondamentale.

Kingdom Come
I cumani sono uno dei nemici principali all’interno del gioco, molto più pericolosi e crudeli dei comuni banditi.

Ciò che infatti ci spiega il nostro genitore nella parte iniziale del tutorial è molto peculiare, soprattutto se applicato all’ambito videoludico degli RPG. Il giocatore medio è infatti abituato a poter, in un modo o nell’altro, prendere ciò che desidera quando lo desidera, ignorando ogni genere di conseguenza. Kingdom Come prende invece una piega molto differente, facendoci immediatamente capire che ogni nostra azione avrà delle conseguenze e che utilizzare la spada invece della lingua porterà sempre a delle situazioni tutto considerato spiacevoli. A livello meccanico, tutto questo excursus si traduce in una meccanica di persuasione abbastanza basilare ma profonda, caratterizzata da tre differenti scelte: nel caso si dovesse decidere di voler utilizzare la propria influenza per convincere qualcuno ci si può basare o sulla propria capacità dialettica, o sulla propria apparenza e sul carisma, oppure sulla propria bellicosità. L’ultima scelta implica chiaramente, nel caso di fallimento, conseguenze tutt’altro che rosee e nel migliore dei casi trascinarci in cella per un paio di notti, nel peggiore invece direttamente in un combattimento per la vita. Anche le altre opzioni non sono tuttavia prive di rischi, e ciò che il giocatore si deve sempre ricordare è chi sia e con chi stia parlando. In un mondo dove gli abusi di potere sono tutt’altro che un’eccezione, rivolgersi nel modo sbagliato alla persona sbagliata può avere conseguenze devastanti ed è tutt’altro che scontato poter riuscire a soddisfare i bisogni di tutti ogni volta. Spesso Henry si troverà costretto a scegliere e frequentemente ciò che appare come il male minore potrebbe trarlo in inganno, trasformando una scelta apparentemente saggia in una tragedia. Non siamo di fronte a nulla di particolarmente innovativo in questo caso, poiché molti giochi prima di Kingdom Come si sono già fregiati di questa tendenza positiva a far convivere il giocatore con le proprie azioni. Ben pochi però tengono conto di come funzionino i giochi di potere e la moralità di grigia tipica della società umana bene quanto lo faccia Kingdom Come, dandoci quindi un risultato più che soddisfacente e che non sfoci nel classico dualismo del personaggio buono o cattivo.

Kingdom Come
La caccia è una delle tante attività secondarie disponibili all’interno di Kingdom Come. Bisogna solo ricordarsi di ottenere i permessi per farlo.

Arriva però dal combattimento il punto più controverso di Kingdom Come. Tra le tante eventualmente mantenute promesse di Warhorse ne abbiamo infatti una non mantenuta: le battaglie campali. Potrebbe infatti sembrare particolarmente sciocco che un gioco tanto curato in ogni suo aspetto fallisca così miseramente nel rendere le battaglie emozionanti, facendole diventare invece molto confuse e spesso ingestibili. Si tratta purtroppo di una delle conseguenze del sistema di combattimento, studiato principalmente su trattati di scherma dell’epoca. Essendo principalmente incentrati sull’arte del duello, e insegnando tecniche di combattimento molto specifiche, il combattimento in formazione viene invece ignorato, ed è quindi impossibile riuscire a trasmettere in senso adeguato qualsiasi cosa più impegnativa di una piccola schermaglia. Tutti gli ingaggi con più di un certo numero di NPC risultano infatti ridicoli e confusi, con tutti gli attori impegnati che rompono le proprie fila e si mescolano in una serie di duelli improvvisati tutt’altro che realistici e decisamente poco chiari. Se da un lato abbiamo però i lati negativi, dall’altro ci sono degli evidenti segnali positivi riferiti da un sistema di combattimento profondo e assolutamente inarrivabile nell’ambito dei combattimenti di mischia in prima persona. Persino tra tutti i suoi attuali concorrenti più o meno di successo, Kingdom Come spicca come la vera e unica alternativa, supportato da basi storiche e da meccaniche sia spettacolari che funzionali come i contrattacchi. A questa caratteristica positiva va poi ad aggiungersi un altro dettaglio importante, ovvero come Henry andrà a migliorarsi attraverso le proprie esperienze. All’inizio della nostra avventura infatti molte meccaniche ci saranno precluse: non sarà per esempio possibile parare, schivare, contrattaccare o anche solo leggere. Queste tecniche e abilità ci dovranno essere spiegate o insegnate da qualcuno adepto in queste arti, e solo in seguito potremo quindi applicarle. Ci troviamo di fronte a un RPG di tutto rispetto in cui non contano solo le nostre statistiche ma anche le nostre esperienze, e quindi di conseguenza a un titolo videoludico assolutamente valido. Cosa porta quindi Kingdom Come nelle terre di Bello ma non si applica? I bug. Kingdom Come, data anche la sua ampiezza, è continuamente tappezzato di bug che rendono un gioco altrimenti quasi perfetto, assolutamente frustrante e alle volte al limite dell’ingiocabile.

Kingdom Come
Kingdom Come riesce a essere uno dei migliori giochi di mischia in prima persona, soprattutto nell’ambito dei duelli.

Kingdom Come: Delivers?

Risulta seriamente difficile porre un giudizio su Kingdom Come, poiché se da una parte vi sono dei lati estremamente positivi e molto curati, dall’altra l’intero processo tecnico di questo videogioco risulta largamente ridicolo e va a rovinare quasi tutti gli sforzi degli sviluppatori. Bisogna senza ombra di dubbio sottolineare come la sfida rappresentata dal produrre un gioco di questa portata semplicemente con i fondi ottenuti tramite Kickstarter prima, e con l’aiuto di un editore poi, può non apparire così semplice e potrebbe in larga parte giustificare le decine e decine di problemi presentati, soprattutto al lancio, da Kingdom Come. Non bisogna tuttavia lasciare che questi piccoli incidenti di percorso minino la strada verso la grandezza da noi tracciata, e sarebbe soprattutto intelligente evitare di porli come scusante per un’opera realizzata alle volte in maniera approssimativa, magari anche per colpa dell’approccio stesso alle altre parti del gioco. Tutto sommato Kingdom Come rappresenta un successo per tutti coloro che sono attirati da un’esperienza di nicchia che ci trasporti veramente nella Boemia del 1400, che ci costringa a toglierci i vestiti quando andiamo a dormire e a leggere libri comodamente seduti, a patto che non si voglia combattere con più di una persona alla volta. E che non si pretenda di avere un cavallo intelligente. Kingdom Come è proprio bello, ma ogni tanto davvero non si applica.

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