Cinema su mobile: il futuro è verticale?

L’inizio di un nuovo decennio porta spesso a interrogarsi sull’avvenire della società umana e dei suoi costumi. Questa tendenza “futuristica” viene applicata con maggior interesse nei confronti degli sviluppi tecnologici, sviluppi che, a loro volta, influenzano l’andamento e i cambiamenti delle arti espressive. Focalizzandosi sull’audiovisivo, è facile constatare come le innovazioni tecniche abbiano intaccato la settima arte, rendendo possibile ad esempio fruire del cinema su mobile, o, addirittura, rendere il comune smartphone macchina da presa unica per la realizzazione di un film. Un nuovo mezzo permette ai creativi di rivoluzionare il linguaggio, ed è bene osservare come e se, nel corso del nuovo decennio, la verticalità della visione da telefono possa prendere piede tra i realizzatori e i fruitori delle, non più, pellicole.

Facendo un passo indietro, è fondamentale capire quanto il cinema sia storicamente legato a doppio filo all’evoluzione tecnologica, più di qualunque altra forma d’arte; i primissimi film realizzati dai pionieri della celluloide, dai Fratelli Lumière a Edwin S. Porter, erano limitati in durata dalla lunghezza fisica del nastro, che non permetteva riprese di una certa durata, oltre alla scomodità derivata dalle ingombranti prime macchine da presa, che non permettevano movimenti particolarmente arditi. Così, il linguaggio del cinema, attraverso regia e montaggio, si è formato partendo da ciò che era disponibile all’epoca, complicandosi e raffinandosi dopo l’avvento di nuove caratteristiche; il colore, dapprima a mano, poi in Technicolor, entrambe soluzioni molto costose, permetteva libero sfogo alla fantasia fotografica e nuovo utilizzo delle luci e della scenografia, mentre il sonoro, che esordisce grazie al musical del 1927 The Jazz Singer, obbliga a rivedere l’intera tecnica attoriale, facendo ritirare dalle scene molti attori del cinema muto. Per quanto riguarda il formato con cui da sempre sono riprodotti i film, vi è anche qui una motivazione storica: la pellicola infatti permetteva di riprendere solo in un dato aspect ratio di forma rettangolare, e, visto l’obbiettivo della proiezione in sala, l’orizzontalità non è mai stata messa in dubbio (Escludendo i primi formati televisivi che avevano uno standard quasi quadrangolare).

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La visione in 3D, tecnologia ormai sempre più in disuso, ha le sue origini nel 1922, anno in cui fu proiettata in tre dimensioni The Power of Love, pellicola ormai persa.

Mentre il Novecento ha visto una serie di miglioramenti tecnologici che accrescevano e valorizzavano l’esperienza di visione in sala, limitando alla televisione un canale “di seconda mano”, la grande innovazione partita nel nuovo millennio è legata a doppio filo al dilagare della rivoluzione digitale; non solo i costi di realizzazione dei materiali per realizzare film si sono abbattuti, eliminando quasi del tutto la pellicola, ma, tramite smartphone e telecamere di uso domestico sempre più avanzati, il pubblico ha acquisito il potere di diventare a sua volta creatore di contenuti. Piattaforme di condivisione video come Youtube hanno permesso una maggiore espressione pur con mezzi limitati, abituando sempre di più le generazioni nuove e non a una fruizione su schermo personale, anche di prodotti originariamente destinati alla sala. Non è un caso che, negli ultimi anni, diverse pellicole abbiano iniziato un dialogo con il mezzo computer, ancora assimilabile per dimensione e modo di utilizzo ad un televisore; Unfriended, horror low budget del 2014 e Searching, thriller del 2018, propongono entrambi una narrazione tramite lo schermo di un PC, utilizzando app, browser e videocamera interna. Il passaggio successivo, messo in atto da registi sperimentatori come Steven Soderbergh, è quello di girare direttamente i film tramite telefoni di ultima generazione, senza rinunciare a una qualità tecnica e fotografica all’altezza della sala (Unsane, 2018 e High Flying Bird, 2019, sono stati realizzati dal regista utilizzando proprio questo stile di ripresa).

Cosa si prospetta per il futuro? Considerando che il cinema su mobile, se così si può ancora chiamare, sta catalizzando i modi di fruizione dei giovani, futuri fruitori dell’intrattenimento audiovisivo, non potrà che avvenire un’evoluzione del linguaggio filmico in tal senso; sempre più prodotti saranno destinati direttamente allo streaming da smartphone, rendendo naturale un’evoluzione verso il formato verticale, che permette di sperimentare nuove inquadrature e soluzioni registiche impossibili da realizzare per qualsiasi altro mezzo. Alcuni passi sono già stati fatti in questa direzione; in Italia, il cortometraggio Senza tenere premuto di Paolo Strippoli utilizza il linguaggio delle storie di Instagram, social che più di tutti ha puntato sulla verticalità, mentre il Collettivo Giungla realizza Vertigini, prima web series verticale horror al mondo, divisa in sei puntate antologiche, che, pur essendo diffusa sulla piattaforma video IGTV, omaggia i maestri dell’orrore del passato e del presente, sfruttando il formato per espressione visiva.

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Frame dal quarto episodio di Vertigini, “Laguna” di Lorenzo Silano. Il cambio di formato obbliga a ripensare inquadrature, campi, e giochi di luce, permettendo così di realizzare qualcosa di unico nel panorama audiovisivo, unicamente fruibile da mobile.

La potenzialità di questo nuovo modo di concepire l’inquadratura è tale che in breve tempo sono nate realtà interamente dedicate a prodotti di questo tipo, come l’italiano VerticalMovie Festival, che raccoglie il meglio della produzione nostrana di corti verticali, o la suggestiva proiezione itinerante Vertical Cinema, che mette in scena film sperimentali in improvvisate sale di grande impatto come chiese o cattedrali, tramite un telone verticale come schermo. La sala, infatti, è di base in antitesi a questo neonato movimento, per ovvi motivi geometrici. Eppure, con il tempo, non sarebbe strano aspettarsi sempre più schermi “ruotati”, posti magari in luoghi e posizioni prima inaccessibili, in occasione di grandi eventi di cinema e arte. Altro fattore fondamentale sarà l’interesse dei grandi autori per il formato: il regista Peter Greenaway, uno dei massimi documentaristi del mondo, ha espresso interesse per la realizzazione di un film in questa maniera, esaltando le possibilità date da questo inedito sguardo sulla realtà: «se credete che il cinema sia come guardare attraverso una finestra, vi accorgerete che la maggior parte delle finestre nel mondo occidentale sono di forma verticale, non orizzontale».

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