Trent’anni di rap italiano e un cerchio che si chiude

Con le ultime uscite sul mercato musicale, il rap italiano si è ripreso la scena a suon di grandi album. Il salto di qualità dei giovani e le solite performance di alto livello dei big del gioco stanno riportando interesse attorno a un genere che, negli ultimi anni, volente o nolente, aveva leggermente perso appeal a favore di sound più trap. Chiariamo subito: non è intenzione di chi scrive sminuire artisti che hanno monopolizzato la scena per quasi un lustro né tantomeno paragonare stili che nel futuro prossimo saranno destinati a coabitare. Ciò nonostante, nelle ultime settimane i lanci di Gemelli di Ernia, del mixtape Vita vera di Tedua e del kolossal Mr. Fini di Gué Pequeno hanno stuzzicato non poco gli appassionati di rap, facendo rivivere emozioni e suoni di molti anni fa.

Pertanto, in questo articolo vogliamo le tappe salienti dell’hip hop in Italia attraverso gli artisti che dopo tanti anni fanno ancora parlare di loro, fino ad arrivare a questa chiusura del cerchio che forse sarà l’inizio di un nuovo ciclo, con gli stessi protagonisti e magari altri giovani talenti.

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La fine del secondo millennio nel segno dei Co’Sang e dei Sangue Misto

I ragazzi che oggi dominano la scena hanno sempre dichiarato di essersi ispirati ai big dei primi Duemila. Spesso però ci dimentichiamo chi è venuto prima del boom del terzo millennio. Da chi hanno imparato i rapper che hanno scritto la storia del genere? I due gruppi che negli anni Novanta hanno prodotto la migliore musica sono stati i napoletani Co’Sang e i Sangue Misto. Tra i non appassionati in pochi conosceranno questi nomi. Tuttavia, magari risulta più noto il nome di Neffa, uno dei pionieri del rap italiano, che assieme a Deda e Dj Gruff componeva proprio la SM Clique, uno dei gruppi che proposto il miglior scratch di sempre nel nostro Paese.

I due ex membri dei Co’Sang invece sono meno noti ai più. Luché ha continuato con una buona carriera da solista e Ntò ha da poco pubblicato un grande album intitolato Nevada. Nota a margine: Ntò in carriera ha collaborato in alcuni featuring che hanno fatto la storia del rap italiano come Notte Insonne in Monster di Noyz Narcos (traccia con un’intro da brividi in memoria di Federico Aldrovandi) ed è finito in vetta alle classifiche con Il drink & la jolla in Bravo ragazzo di Gué.

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L’epopea del rap italiano con i Club Dogo e la Dogo Gang

Il salto di qualità dell’hip hop in Italia è da attribuire a dei mostri sacri del rap. Tra i primi a portare il genere in vetta alle classifiche c’è stato Fabri Fibra che ha avvicinato molti giovani a questo mondo con Mr. Simpatia prima e (soprattutto) Tradimento poi. In pochi si saranno dimenticati del successo stellare del singolo Applausi per Fibra, una delle tracce di punta di Tradimento pubblicato dalla major Universal, che nel 2006 con quell’appeal mainstream iniziò a ricevere le prime critiche dei rapper che si definivano underground. Di rapper che hanno scritto pagine importanti di storia ce ne sono stati molti altri e tanti li ritroveremo più avanti. Tuttavia, quando le nuove generazioni di MCs parlano delle loro icone fanno quasi sempre riferimento a un gruppo e a un collettivo: i Club Dogo e la Dogo Gang.

Nati dopo l’esperienza delle Sacre Scuole, i Club Dogo sono (o forse erano, un dubbio che ormai dal 2014 affligge i fan) composto da Jake La Furia, lo stesso Gué e il producer Don Joe. Per descriverli servirebbe un libro intero, ma possiamo affermare che dischi come Mi fist, Penna capitale, Vile denaro e in parte Dogocrazia (il primo con una major) hanno segnato le adolescenze di tutti i giovani appassionati di rap italiano. Da questo trio è nato poi il collettivo Dogo Gang che comprende gli stessi Club Dogo, Marracash, Vincenzo da Via Anfossi e altri membri meno noti al grande pubblico. Il punto più alto del collettivo, oltre ad alcune collaborazioni diventate iconiche, è stato la pubblicazione dell’album Benvenuti nella giungla con Universal nel marzo 2008.

L’evoluzione artistica di due terzi della Trinità

Con l’uscita di Santeria nel 2016, Marra e Gué hanno portato a termine uno dei grandi obiettivi della loro carriera: pubblicare un album assieme. Prima di quel disco, Marra e Gué uscivano dalle esperienze trionfali dei loro album da solisti. Sia Status che Vero, infatti, avevano conquistato il disco di platino e per motivi differenti avevano sancito il salto di qualità dei due artisti. Marracash, noto per essere una delle penne più illuminate del rap, era riuscito nell’impresa di costruire un album da diciotto tracce senza mai scendere nel banale. Gué, invece, in Vero aveva portato la qualità della produzione e la completezza artistica del disco a un livello mai raggiunto sino a quel momento, probabilmente da nessuno in Italia.

Per svariati motivi che Marracash ha ampiamente spiegato in varie interviste, il classe 1979 si è preso una pausa che l’ha portato a pubblicare nel 2019 l’album della definitiva consacrazione: Persona. Una qualità di scrittura da primo della classe e tinte conscious gli sono valsi tre dischi di platino e la rivista Rolling Stone Italia l’ha definito il miglior disco dell’anno.

Percorso diverso per Gué, che a differenza dell’amico ha sempre goduto di una maggiore popolarità che gli ha portato maggior costanza nei risultati. Dopo Santeria, il Guercio ha pubblicato Gentleman nel 2017 e Sinatra nel 2018 senza però convincere del tutto il pubblico, nonostante i soliti numeri di vendite. Drastica inversione di rotta proprio poche settimane fa quando l’uscita di Mr. Fini, disco da diciotto tracce, ha addirittura alzato l’asticella che aveva raggiunto con Vero. Precisiamo: i fan hanno amato il Gué di Ragazzo d’oro, hanno spaccato i club con Bravo ragazzo, ma la maturità artistica raggiunta con Vero e Mr. Fini è tutt’altra cosa.

Marracash in concerto. Foto: Wikimedia Commons.

Jake con Emis Killa per la rinascita

Dopo aver parlato di Gué e Marracash, è giunto il momento di concentrarci sul terzo membro di quella che è passata alla storia come la Trinità del rap italiano: Jake La Furia. Dopo l’ultimo album con i Club Dogo (Non siamo più quelli di Mi fist) nel 2014, Jake ha collaborato con vari rapper ma anche in feat pop come Me Gusta o Entro in pass 2k16. Ciò nonostante, dopo il periodo altalenante, Jake è in procinto di tornare con l’album 17 assieme a Emis Killa, atteso dai fan come la rinascita di uno dei rapper più importanti del panorama italiano.

D’altronde, come affermano moltissimi addetti ai lavori (da Ernia allo stesso Emis Killa), Jake rappresenta il rap ed è forse la migliore penna degli anni Duemila assieme a Marra. Ok la pausa, il pop, eccetera, ma l’hip hop necessita di uno dei suoi leader e 17 sarà il trampolino per il suo ritorno a gamba tesa nel “gioco”.

Rap italiano
Emis Killa in live. Foto: Wikipedia.

Il flow di Tedua, la penna di Ernia e la maturità di Lazza

Oltre alle nuove uscite dei mostri sacri del rap italiano, dal 2018 sono entrati a gamba tesa nel mercato musicale alcuni album di assoluto livello. Dopo Come uccidere un usignolo di Ernia nel 2017, i dischi che hanno maggiormente colpito per la qualità artistica e di scrittura sono stati Mowgli di Tedua, 68 sempre di Ernia e Re Mida di Lazza. Meno impattante (a detta di chi scrive) Dove gli occhi non arrivano di Rkomi.

Questi quattro rapper, nati tra il 1993 e il 1994, provengono con storie differenti dalla scuola milanese e le influenze musicali si percepiscono senza particolari difficoltà. Il flow di Tedua risulta essere quello più complesso e innovativo, e infatti il genovese ha spesso ricordato l’importanza del producer Chris Nolan per la sua carriera. Discorso diverso per Lazza, MC ormai riconosciuto da quasi tutti i grandi del genere, che con l’ultimo mixtape J ha dimostrato di essere il rapper più trasversale della scena, riuscendo a collaborare con artisti di impostazioni differenti, da Capo Plaza a Tony Effe, passando per Gué e Gemitaiz.

Da Bogotà a Sinaloa per un gradito throwback

Una nota di merito va all’ex membro della Troup D’Elite: Ernia. L’album Gemelli è forse uno dei dischi più completi degli ultimi anni. Il milanese è riuscito a mixare pezzi conscious (marchio di fabbrica) a tracce da classifica come Superclassico. Inoltre, la terza traccia dell’album ha suscitato scalpore in tutto il mondo del rap, tra “nasi storti” e complimenti diffusi. Infatti, Puro Sinaloa, scritta da Ernia con Tedua, Rkomi e Lazza, è un inno alla storica Puro Bogotà dei Club Dogo con Marracash ed Enz Benz.

Sentir partire Don Joe con un beat di uno dei pezzi più famosi di sempre nel rap italiano inizialmente è stato difficile. Ci abbiamo messo un po’ a capire il motivo per il quale Ernia abbia voluto scomodare la storia dell’hip hop, ma a suon di citazioni rétro e inni alla Dogo Gang il pezzo è stato più che approvato. Gli stessi Marracash, Gué, Jake e Vincenzo da Via Anfossi, attraverso i loro canali social, hanno ringraziato vivamente i giovani della nuova scuola per questo gradito déjà vù. Ciò significa che i maestri un segno l’hanno lasciato per davvero.

Gli altri grandi e chi manca all’appello

In questo viaggio con sfondo prettamente milanese non abbiamo potuto citare tutti i grandi del rap. Noyz Narcos e il suo dominio incontrastato nella scena street romana. Inoki e il suo talento smisurato nella scrittura. Salmo e la Machete Crew che sfornano sempre hit di primo livello. Egreen e la sua Varese hardcore e molti altri. Ma c’è un rapper che da tempo latita e che con un ritorno alzerebbe ancor di più un’asticella che già in questo momento è alta: Mondo Marcio. Il milanese, dopo aver pubblicato Uomo! nel 2019, manca assai e i fan lo reclamano a gran voce. Tornerà?

Mondo Marcio. Foto: Flickr.
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