L’educazione di genere: cammino lungo, ma possibile

Il genere, il sesso e l’orientamento sessuale sono dimensioni molto importanti della vita di ogni individuo. Capita però spesso che la cultura dominante, per una serie di processi sociali e culturali, definisca due (e solo due) sessi diversi, con diversi ruoli, diversi interessi e una disparità di potere e di opportunità. Ne deriva una società che insegna alle ragazze a essere desiderabili e attraenti, mentre ai ragazzi a essere forti e dominanti.
Il ruolo dell’educazione di genere è dunque quello di ridurre, se non eliminare, gli stereotipi di genere, fin dalla prima infanzia.

Questi stereotipi vengono percepiti come naturali da parte della società, che etichetta come scandaloso chi non si attiene a questi schemi, come nel caso dell’omosessualità. La società cerca di incanalarvi gli individui fin da bambini, attraverso la pubblicità, la famiglia o la scuola. Non è però possibile pensare che essere uomo o donna sia una condizione stabilita dalla natura o imposta dall’esterno. Sono le persone stesse a sentirsi uomo o donna. Questo è quel processo che prende il nome di sviluppo dell’identità di genere.

Accade che quando questi ruoli definiti dalla società non sono rispettati, si generano disuguaglianze e oppressione. Proprio queste hanno portato, nel secolo scorso e in quello corrente, a lotte per il voto delle donne, per la parità di genere sul posto di lavoro o per la tutela dei diritti civili degli omosessuali.

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Foto: Pixabay.

Sesso, genere oppure orientamento sessuale?

Al fine di evitare incomprensioni, è importante chiare il significato di queste tre espressioni, che spesso sono utilizzate erroneamente come sinonimi intercambiabili fra loro.

Il sesso di un individuo è un concetto che rimanda a una base biologica. Il sesso individua un maschile e un femminile e suddivide le persone in due categorie al fine di proseguire la riproduzione della specie. Questa categorizzazione però non tiene conto di una parte di persone che si collocano in una posizione intermedia. Questo è il caso ad esempio delle persone intersessuali, chiamate anche nel passato ermafroditi, che presentano caratteristiche sia maschili che femminili alla nascita, o delle persone che hanno subito cambiamenti endocrini o metabolici nella vita, come nel caso delle persone transgender.

Il genere si presenta come l’elaborazione culturale di un dato biologico. Questo termine si riferisce a una serie di significati, aspettative, comportamenti e gusti attribuiti all’essere maschio e all’essere femmina. Esso è strettamente individuale ed è soggetto al cambiamento nel tempo e nello spazio.

Per orientamento sessuale si intende invece la direzione verso cui s’indirizza l’attrazione sessuo-affettiva di un individuo. L’identità di genere e l’orientamento sessuale sono quindi due aspetti nettamente diversi.

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Il genere nell’educazione: il ruolo della scuola

Nella società, la scuola svolge un ruolo primario. Alla scuola è deputato il compito non solo dell’alfabetizzazione, ma anche dell’insegnamento di valori etici e morali. L’articolo 3 della Costituzione italiana recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Permangono tuttavia alcune differenze fra maschi e femmine all’interno del percorso formativo. Tali differenze possono essere riscontrate nel rendimento scolastico, nel tasso di abbandono o nella scelta del percorso universitario, ma anche nei programmi scolastici, nei libri di testo o nel clima scolastico in generale.
Un primo segnale di disuguaglianza nel percorso formativo è da rintracciare nello status socio-economico dei genitori.

La scuola italiana è caratterizzata da un orientamento di scelta dei percorsi di studio differenziati per genere, influenzati dai modelli tradizionali. È presente una segregazione formativa, che vede le materie tecniche scelte ancora soprattutto dai ragazzi, e le materie umanistiche e sociali dalle ragazze. Questo si traduce, a livello scolastico in un’elevata presenza di personale femminile nei servizi socio-assistenziali e scolastici. Nonostante ciò è presente il fenomeno del soffitto di cristallo, secondo cui la presenza femminile diminuisce con il crescere dell’ordine scolastico. Si nota infatti la maggioranza di personale maschile nei ruoli di professori, dirigenti e rettori. Recentemente però si sono verificati alcuni cambiamenti. Vi è una crescita di uomini negli asili nido, una crescita della presenza femminile nel ruolo di dirigente scolastico, anche nelle scuole secondarie di secondo grado e una scelta meno polarizzata dei percorsi di studio universitari.

L’educazione di genere

La scuola è per antonomasia il luogo dello scambio con l’altro, il luogo in cui si iniziano a intessere le prime relazioni sociali con i propri pari. In quest’ottica, la scuola diventa anche il teatro in cui bambini e ragazzi imparano a “fare il genere”. Questo avviene in un processo di negoziazione continua con l’altro. A scuola i bambini imparano ad adottare una certa identità di genere e a tenere determinati comportamenti. Questo processo è attivo: non è solo mero assorbimento d’informazioni, ma prevede una rielaborazione e un’assunzione di impegno e responsabilità rispetto al proprio genere.

L’educazione di genere diventa quindi un requisito fondamentale nell’educazione di un bambino o di una bambina al giorno d’oggi. Questo percorso ha come obiettivo quello di fornire strumenti e materiali che rendano possibile l’acquisizione di nuove competenze nell’ambito delle differenze di genere e nelle disuguaglianze che ne conseguono, al fine di abbattere i pregiudizi e gli stereotipi di genere.

Stereotipi e pregiudizi

Lo stereotipo è una rappresentazione mentale che permette al soggetto di catalogare gli stimoli in categorie mentali già presenti. Questo ha una funzione orientativa, in quanto permette all’individuo di prevedere gli eventi in base allo schema costruito in precedenza. Gli stereotipi sono quindi un prodotto culturale, non immutabile ma resistente al cambiamento.

Il pregiudizio si configura invece come un giudizio espresso a priori, dato solamente sulla base di uno stereotipo. Il pregiudizio guida l’atteggiamento verso l’altro.

Gli stereotipi, che possono quindi dare vita ai pregiudizi, si apprendono in modi e contesti differenti: guardando la TV, leggendo o discutendo con gli amici. Essi però possono essere trasmessi anche dalle istituzioni, come la famiglia o la scuola. Proprio nella scuola si avverte sempre di più la necessità di condurre un’educazione di genere, cioè l’insieme dei comportamenti e delle azioni messe in atto da chi ha responsabilità educativa in relazione al vissuto di genere, ai ruoli di genere o alle relazioni di genere. Tale educazione di genere deve essere però condotta in critico e riflessivo da personale esperto nel settore formativo.

La socializzazione di genere: il ruolo della scuola

Nel processo di socializzazione di genere, la famiglia gioca un ruolo fondamentale. Nella famiglia si sviluppano e si apprendono i primi comportamenti di genere, che si consolidano poi nell’incontro con i pari.

Ancora una volta però, un ruolo determinante è svolto dalla scuola. Essa contribuisce a rafforzare gli stereotipi di genere già presenti in famiglia. In questo contesto, il personale educativo agisce, anche se in modo inconscio, nella riproduzione di questi stereotipi. In realtà, bambini e bambine non si limitano a riprodurre in modo ripetitivo e inconscio la realtà, ma interpretano in modo creativo e costruiscono attivamente la loro cultura e la loro identità.

È allora fondamentale inserire buone pratiche di educazione di genere in questo contesto, che possono andare ad abbattere, o almeno a ridurre, la presenza degli stereotipi di genere già dalla scuola dall’infanzia.

Come fare una corretta educazione di genere a scuola

Quando ci si relaziona con bambini inevitabilmente si mettono in atto alcuni stereotipi di genere. Il mondo viene allora “filtrato” da questi stereotipi, che condizionano l’interazione fra adulto e bambino.

Attribuire a un bambino o a una bambina un compito in maniera acritica, solamente sulla base di uno stereotipo di genere, contribuisce a fissare e ad alimentare tale stereotipo. Diventa fondamentale riuscire a creare un contesto in cui chiunque, a prescindere dal proprio sesso biologico, possa provare a sperimentare tutte le attività del quotidiano sulla base esclusivamente delle proprie attitudini e della propria personalità.

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Una valutazione della Commissione europea del 2010 ha definito l’Italia come un Paese in cui sono assenti linee guida specifiche e politiche utili sul tema dell’educazione di genere a scuola. Da allora sono stati mossi però alcuni passi in avanti.

In Italia è stata promulgata la legge 107/15, chiamata Buona scuola, che prevede «l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni». Nel 2017, nel Piano nazionale per l’educazione al rispetto e nelle linee guida per le scuole per l’attuazione della legge, si raccomanda alle scuole di adottare interventi innovativi per promuovere il rispetto delle differenze, integrando ai contenuti di tutte le discipline nozioni di educazione alla cittadinanza.

Come si traduce nel concreto?

Risulta fondamentale legittimare il fatto che ognuno, indipendentemente che sia maschio o femmina, possa vivere la propria mascolinità o femminilità in un ambiente libero e inclusivo, che faccia sentire il soggetto pienamente realizzato. Il genere è fondamentale nella visione e nella costruzione del mondo dei bambini e delle bambine, ma solamente come questione umana con cui fare i conti, non come una struttura immutabile. Mascolinità e femminilità non devono essere costruzioni rigide, ma contenitori flessibili di una pluralità di esperienze che il soggetto può e deve vivere.

La rilevazione degli interventi di educazione di genere è tuttavia molto difficile da attuare, perché questi agiscono sul lungo periodo in un campo dominato da credenze e perché ad oggi vi è carenza di risorse necessarie per una corretta valutazione.

Per maggiori informazioni e spunti riflessione sull’argomento, si consiglia la lettura dei volumi Questioni di genere di Raewyn Connell, Pink is the new black di Emanuela Abbatecola e Luisa Stagi e Fare la differenza di Rossella Ghigi, da cui sono state tratte le informazioni contenute in questo articolo.

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