Matteo Rubboli di Vanilla Magazine: il valore del conoscere la storia

Storia, cultura, curiosità e leggende sono temi che appassionano molte più persone di quanto si possa credere. In che modo la storia può essere utile per comprendere il presente? Ne abbiamo parlato con Matteo Rubboli, fondatore, editore e volto pubblico di Vanilla Magazine.

Come è nato Vanilla Magazine? Come mai avete deciso di unire lo scritto al parlato, tramite il canale YouTube?

«Vanilla Magazine è nato nel 2011. Mi ero trasferito in Grecia – la mia compagna è greca – e lì, dopo un lavoro estivo, ho avuto un periodo con molto tempo libero. Avevo esigenza di comunicare quello che mi piaceva e così Vanilla Magazine è nato come un blog personale. Nel corso del tempo, ho capito che poteva diventare qualcosa di più. Hanno così cominciato a scrivervi altri autori, tra cui Annalisa Lo Monaco, mia mamma, che nel corso del tempo è diventata l’autrice probabilmente più letta fra tutti. Siamo partiti per gioco e oggi il nostro sito fa più di venti milioni di visite l’anno.

Portare i contenuti testuali sotto forma di video è stato un percorso molto progressivo. In realtà era diverso tempo che ne parlavamo. Dopo aver visto che in alcuni canali YouTube addirittura si leggevano i nostri testi, senza chiederci alcuna autorizzazione, abbiamo pensato di creare un media che rispecchiasse quel che davvero volevamo comunicare.  Avevo pensato di prendere un attore per leggere i testi, ma la necessità di tutti, legittimamente, è il compenso economico. Io non sapevo quanto potesse rendere un canale e da lì ho deciso di fare da solo. Il canale ci ha dato una visibilità su un pubblico totalmente diverso, che non ci conosceva. Il video ti avvicina a un pubblico molto più grande e si crea una community diversa da quella che già avevamo su Facebook. Capita spesso che i nostri lettori correggano, quasi in maniera simultanea tramite i commenti, gli eventuali errori dei nostri contenuti».

Da dove nasce la passione per «storia, cultura, curiosità e leggende», come dici nei tuoi video?

«La mia passione per la storia si è presentata fin da bambino, quando mia nonna mi leggeva i miti greci. Il primo libro che ho letto è stato Il giornalino di Gian Burrasca, mentre il secondo è stato Timoteo il fromboliere. Questo è un vecchissimo libro che parla di un soldato dell’antica Grecia. Dopo mi sono appassionato di paleontologia, in concomitanza con l’uscita di Jurassic Park, come molti della mia età.

Al liceo scientifico mi piacevano storia e filosofia, ma la vita ti porta anche a fare scelte che deviano dal tuo percorso ideale. Ho studiato ingegneria, ma sono arrivato solo a metà, e oggi sono iscritto a un corso di laurea in storia. Penso sia poi importantissimo condividere le proprie passioni. Tutti gli autori di Vanilla Magazine, che oggi sono più di centoventi, alimentano continuamente in me la passione e la voglia di condivisione».

Quali sono le difficoltà di portare avanti un progetto online a tema divulgativo?

«Questo è un discorso molto complesso. Possiamo vederlo sia a livello “scolastico” che a livello “imprenditoriale”. Si dice sempre che la cultura non paghi. Secondo me non è del tutto vero. La cultura umanistica ti rende diverso da chi ha sviluppato nozioni e competenze puramente tecniche. Ci sono persone che hanno sviluppato una grandissima professionalità, ma mancano di quella curiosità e di quell’empatia che le muovono ad essere sostanzialmente felici.

La cultura vale “poco” perché è un bene relativamente commerciabile, ma interessa tantissimi. Come dice il professor Alessandro Barbero, si trovano pochi appassionati di chimica e molti di storia! Vanilla Magazine è stato uno dei primi siti di divulgazione storica e culturale in generale. Oggi però si stanno aprendo varie realtà che trattano questi temi, mentre prima, con il cartaceo, i progetti editoriali si declinavano solamente in riviste verticali specializzate.

Per rispondere in modo più diretto alla domanda, la grande difficoltà, a mio avviso, è legata alla pubblicità. Questa, su siti culturali, paga pochissimo. La facilitazione invece è che la cultura interessa tantissime persone. Il fatto che non ci sia una sovrapproduzione di contenuti consente di raggiungere facilmente una nicchia di pubblico, che è più grande di quanto si possa pensare».

Vanilla Magazine
Matteo Rubboli di Vanilla Magazine. Foto per gentile concessione dell’intervistato.
Qual è il valore del conoscere la storia, secondo te?

«La storia che ci insegnano a scuola è molto didascalica. Questa appassiona poco. Le ore non sono sufficienti per trattare le tematiche in modo critico e la storia viene insegnata, non sempre ma spesso, attraverso date e guerre. Penso sarebbe più interessante concentrarsi sulle persone che hanno fatto la storia, più che sugli avvenimenti. Il valore è dato dal conoscere la storia delle persone che hanno già vissuto e osservare le analogie con la propria vita.

Quando viviamo la nostra quotidianità, proviamo emozioni e sentimenti. Se penso alla situazione attuale, data dalla pandemia, sorge spontaneo chiedermi come sia possibile. Conoscendo la storia delle persone che hanno vissuto l’influenza spagnola, ad esempio, mi sento “supportato” da antenati che hanno già visto e vissuto non la stessa situazione, ma situazioni simili. Ho dentro di me quello che hanno pensato e provato loro. Conoscere la storia significa avere più dati per prendere decisioni migliori nel presente».

Vanilla Magazine
Matteo Rubboli di Vanilla Magazine. Foto per gentile concessione dell’intervistato.
Cosa pensi che direbbe un ipotetico Vanilla Magazine del 2121 della nostra situazione sanitaria attuale?

«Questa domanda me la sono posta anche durante un live sul canale YouTube. È un quesito difficile… Secondo me si penserà che sono stati fatti diversi errori ma complessivamente la si vedrà come uno dei tanti eventi della storia contemporanea. Quando ci fu la peste del Trecento, non ci furono stringenti misure contenitive e si lasciarono andare le cose in modo naturale. Oggi, giustamente e fortunatamente, è improponibile, poiché la salute è la base della società. Credo però che sia difficile valutare i danni sociali, economici e sanitari di chiusure (e di sconsiderate aperture che ci sono state) eccessive.

Nel futuro, secondo me, in maniera superficiale si dirà che si è guardato alla salute, pensando che i governi, in particolare quello italiano, hanno fatto bene ad adottare severe restrizioni. Chi studierà in maniera approfondita però vedrà tutte le opinioni contrastanti che ora ci sono. Queste sono tutte speculazioni e ipotesi, chiaramente. Oggi come oggi, dopo un anno di limitazioni, è difficile avere un pensiero univoco. Forse fra cent’anni l’economia sarà meno florida come lo era fino all’anno scorso, perché si sono messi in crisi dei sistemi di creazione del benessere che erano ben saldi nel nostro mondo. Sicuramente gli uomini del futuro vedranno che il lato tecnologico è accelerato enormemente. Vanilla Magazine, nel 2121, parlerà del coronavirus tramite numeri, ma chissà cosa dirà dell’economia. Secondo me la vera crisi è ancora tutta da vedere».

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Quali sono i progetti e i piani per il futuro?

«Classica domanda di rito alla quale non so rispondere! Lo dico sinceramente. Secondo lo stereotipo, un uomo, per essere definito “di successo”, deve sempre sapere cosa farà a breve e a lungo termine. In realtà il mondo digitale non ti consente di fare questi piani. Quello che vale oggi magari non vale più a distanza di pochissime settimane. Abbiamo in uscita dei libri e vorremmo fare video all’esterno, viaggiando molto. Non sappiamo però come e quando tutto questo sarà possibile. Il mondo digitale ti costringe sempre a essere flessibile e a essere pronto a cogliere le micro-novità del mercato e delle persone. Penso sia più importante che progettare a lunghissimo termine!».

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