Daniele Manusia e Daniele De Rossi, o dell’amore reciproco

L’ormai più che banalizzata e utilizzata palindromia Roma-Amor rappresenta in maniera perfetta il rapporto Roma-romano e AS Roma-romanista. Sì, perchè il romanismo [parlo da diretto interessato in materia, N.d.R.] non è solo una scelta di sponda sulla quale vivere, ma una vera e propria religione portata alla sua esagerazione.

Nella città eterna, l’ateismo in materia di calcio non è concesso. O si canta in curva sud o in curva nord; la maglia indossata può essere giallorossa o biancoceleste. Persino chi non è interessato deve “simpatizzare”, non può estraniarsi da questa dicotomia che regna sovrana tra i meandri del Tevere.

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L’amore di Daniele Manusia

Se a Roma vieni eletto simbolo della squadra (AS Roma, ormai è chiaro) porti sulle spalle non solo il peso del numero e della maglia, ma anche le “centomila voci” che Roma ha fatto innamorare nel corso del tempo. Daniele Manusia, ottima penna, ha tracciato in Daniele De Rossi o dell’amore reciproco con precisione certosina i passaggi che hanno legato indissolubilmente Daniele De Rossi alla Roma e ai suoi tifosi.

Nel titolo, lo scrittore romano (e romanista) classe 1981 regala una traduzione del nome del numero 16 giallorosso; dell’amore reciproco. Niente può spiegare meglio di questa descrizione il rapporto DDR-Roma nel corso del tempo.

L’inchiostro che Manusia tratteggia sul foglio disegna una figura immutata nel tempo per ciò che riguarda l’amore incondizionato verso una squadra, la squadra, che gli ha dato tutto e al quale lui ha dato altrettanto.

A differenza di Totti (di cui per forza di cose si parla nel libro edito dalla 66th&2nd) che la Roma l’ha resa grande, De Rossi dalla Roma è stato reso grande, invecchiando e maturando di pari passo con la storia recente dei giallorossi.

Ma insieme a Daniele, siamo maturati e cresciuti anche noi [anche io, N.d.R.], che nel ragazzino di Ostia abbiamo incontrato lo sguardo di noi tifosi. Quel sangue che ribolle a ogni ingiustizia, quella vena gonfia dopo un goal segnato o un salvataggio effettuato. Quel romanismo strabordante che non può essere contenuto tutto in una sola persona.

Daniele De Rossi è stato il tifoso che ce l’ha fatta, il “curvarolo” che ha messo gli scarpini in prima squadra e li ha tolti il 26 maggio 2019, dopo praticamente vent’anni d’amore dato e ricevuto.

Troppo Daniele De Rossi

Il romanzo di Manusia tocca tutti i punti cardine di una carriera in cui De Rossi è stato spesso accostato all’aggettivo “troppo”. Troppo incandescente, manesco, bravo, geniale, arrogante, evanescente, giovane, vecchio, innamorato, attaccato ai soldi. Troppo romanista.

Ma si può essere troppo romanisti? È come dire che qualcuno possa essere troppo cristiano. Non esiste un limite alla fede; e gli spezzoni di vita di De Rossi, che sono gli stessi, per quanto riguarda il “magno, bevo e tifo Roma”, della nostra esistenza rappresentano tutto ciò che un romanista ha passato, sta passando e passerà.

Questa biografia non racconta solo della crescita privata e calcistica di De Rossi, del suo cambiamento da bambino ad adulto, da tifoso a giocatore (anche perché tifoso lo resterà sempre). È la storia di tutti noi, di centomila voci innamorate, narrate in questo libro a forza di aneddoti che hanno fatto crescere un’intero stadio a suon di gioie (poche) e sofferenze (molte).

Racconta di un sognatore che ha trasformato in realtà la speranza di giocare a calcio nel paese di Maradona, con la maglia di quel Boca Juniors che tanto l’affascinava, con cui ha vinto (da lontano) l’unico scudetto della sua carriera.

De Rossi e la Roma, i tifosi e De Rossi, i tifosi e la Roma. È una storia che è stata scritta ma che non è finita; che continua negli anni e che non smetterà mai di far innamorare. Perché questo è stato DDR e questa è la Roma: una storia d’amore. Reciproco.

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