Caro ministro Sangiuliano, i sussidi uccidono il cinema

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Valerio Chicca, regista e sceneggiatore.


Era figo il cinema. Tutto da scoprire. Quanti appassionati sono partiti con Tarantino per poi tornare in Italia con Sergio Leone, Giuseppe Corbucci, Lucio Fulci, prima l’estero, poi casa propria? I festival erano luogo di scontro, anche duro, pensiamo a episodi come quello di Marco Ferreri che difende il controverso film Amore Tossico di Claudio Caligari a Cannes. Un fascino e un dibattito che, con il tempo, si sono rarefatti sempre più.

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Perché il cinema italiano ha smesso di essere “figo”? Per capirlo, bisogna partire da un concetto: come si fanno i film, oggi, in Italia? L’unico vero produttore nel nostro Paese è lo Stato. Il cinema ha fallito, non si autosostiene, ha bisogno del suo sussidio, del suo “reddito di cittadinanza”. I film costano troppo per quello che possono incassare e quello che qualcuno definirebbe come “metadone di Stato” allontana il vero problema, e cioè l’autonomia della Settima arte dal settore pubblico.

Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, il cinema in Italia deve cambiare.  Non sono io a dirlo, ma l’attuale ministero della Cultura. Il rapporto Swg presentato a settembre dalla sottosegretaria Lucia Borgonzoni segnala che il 60 per cento della popolazione italiana, nel 2022, non è mai andata al cinema. Quasi un italiano su tre. La soluzione di questo governo? Il ministro Sangiuliano propone un bonus, l’ennesimo. Un’ottima misura per dargli il colpo di grazia.

A questo punto, tanto varrebbe pagare gli spettatori per costringerli a guardare una pellicola, quasi fossero tante vecchie prostitute che, rimaste ormai senza alcun cliente, offrono il proprio corpo solo per passione. Il dato che rende “anestetizzato” il sistema cinema in modo quasi rivoluzionario è la sua distanza da obblighi di risultato. Per guadagnare, non è necessario intasare i botteghini: il produttore non investe soldi, ma li “trova” grazie allo Stato. Tutti guadagnano, nessuna pressione

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Un meccanismo malato drogato da fondi statali. Il cinema non riguadagnerà spettatori in sala grazie ad altri bonus: per farlo, serve un’invenzione di tendenza. La soluzione è duplice: serve che il cinema ritrovi sé stesso (se mai riuscirà a farlo) e che torni a parlare alla bocca dello stomaco del pubblico.  Il cinema deve far discutere, deve prendere posizioni (anche scomode) per avere un impatto culturale, evidenziare le contraddizioni della società. Il buonismo uccide l’arte. Anche noi, come i nostri nonni, avremmo disperato bisogno della nostra Gioventù bruciata: dov’è?

Ripartire si può. Io propongo tre capisaldi: 1) spazio a nuove voci (meglio se giovani); 2) basta soldi pubblici a pioggia a drogare e appiattire il mercato cinematografico; 3) rivedere il sistema produttivo. Ma, soprattutto, bisogna staccare la spina.

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