I numeri dell’emergenza migranti

«Dobbiamo governare le migrazioni, non subirle». Il ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, è in piedi di fronte al microfono, occhiali sul naso e fogli alla mano, le Camere dinanzi in ascolto. Il 16 novembre, nell’informativa urgente sulla vicenda delle navi di migranti delle Ong bloccate nel porto di Catania, ha illustrato la sua visione dell’immigrazione, «una sfida epocale», a cui serve una «soluzione europea, non possono trovarla i singoli Stati».

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Matteo Piantedosi durante l’informativa urgente in Senato, 16 novembre 2022.

Pochi giorni più tardi, il 21 novembre, reagisce con entusiasmo alla notizia che la commissaria europea agli affari interni, Ylva Johansson, ha presentato un piano di azione europeo per il Mediterraneo. In realtà il piano non prevede nessun codice di condotta per le Ong che fanno soccorsi in mare, come invece era stato richiesto da Roma, ma promette un maggiore coordinamento tra i diversi Paesi europei, in particolare dopo la recente crisi tra il governo italiano e Parigi. Come questo punto si coordinerà con gli obblighi di soccorso stabiliti dal diritto internazionale è da vedere. Fatto sta che per Piantedosi è «un buon punto di partenza».

D’altronde, d’accordo con il presidente Giorgia Meloni, ritiene che quella che l’Italia sta affrontando, da sola, sotto lo sguardo indifferente dell’Europa, sia una «sfida epocale», tanto da meritare tutti gli sforzi dei primi trenta giorni di governo.

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Il primo problema

Dopo una breve parentesi, e un paio di governi all’interno, Piantedosi ha continuato una frase che aveva già iniziato Matteo Salvini, in Viminale, nel 2019: l’emergenza sbarchi è di nuovo il primo problema d’Italia.

Matteo Salvini via Twitter, 22 ottobre 2022.

Durante il governo Conte I, Piantedosi è stato capo di gabinetto di Salvini. La storia dunque si ripete perché gli autori sono gli stessi. Con l’unica differenza che lo stallo che prima avveniva lasciando i migranti in mare oggi si svolge nei porti.

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Sono stati aggiunti nuovi elementi nella narrazione – lo “sbarco selettivo”, il “carico residuale” e i “fragili” – ma nulla sembra essere cambiato oggi rispetto a ieri sull’emergenza degli sbarchi dei migranti provenienti dal Nord Africa. Nemmeno in un’Europa che in pochi mesi ha dovuto accogliere quasi cinque milioni di profughi ucraini.

A settembre, infatti, il direttore generale dell’Oim, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, il portoghese António Vitorino, ha incontrato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Roma, puntualizzando che «in Ucraina ci sono quasi sette milioni di sfollati interni che hanno perso tutto e altrettanti da continuare a supportare nei Paesi in cui hanno trovato rifugio. Questa è la vera emergenza umanitaria dell’Europa, non gli arrivi dall’Africa, che rappresentano solo il 16 per cento del totale».

È vero che l’Italia è il Paese europeo dove arrivano più migranti via mare: 90mila dall’inizio del 2022, mentre sono stati 26.341 in Spagna, 7684 in Grecia e 13.474 a Cipro, secondo gli ultimi dati dell’Oim. Ma questo dato non racconta quante siano davvero le persone che dopo essere sbarcate decidono di restare in Italia.

Cosa dicono i dati

In base alle Statistiche sulla migrazione verso l’Europa aggiornate al 2021, messe a disposizione sul sito della Commissione Europea, la maggior parte delle prime domande di asilo è stata presentata in Germania (148.200), seguita dalla Francia (103.800) e dalla Spagna (62.100). L’Italia, con le sue 43.900 domande, è al quarto posto. In rapporto alla popolazione, in Italia si registra un richiedente asilo ogni 1308 abitanti, mentre la Germania ne conta uno ogni 561 abitanti, la Francia uno ogni 652.

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Rifugiati sul totale della popolazione. Dati giugno 2016, anno del picco di arrivi per vie illegali. Foto: Unhcr – Carta di Roma.

A smantellare le convinzioni dell’invasione “percepita”, anche i dati dell’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. In questi anni lo Stato italiano ha risposto positivamente a circa il 40 per cento delle domande d’asilo, percentuale che nel 2016 è però calata. In Italia abitano tre rifugiati ogni mille abitanti e, nel totale della popolazione italiana, quella formata da migranti è pari al 9 per cemto, di cui quasi la metà sono europei.

Va segnalato che, a quanto dicono gli ultimi dati del dossier immigrazione Idos, presentato a ottobre scorso, sono circa 280 milioni le persone che vivono in Paesi diversi dal proprio, e di questi circa un terzo ha viaggiato in modo irregolare, senza poter accedere a vie sicure. Secondo i dati Frontex, infatti, il Mediterraneo centrale continua a essere la rotta più utilizzata per raggiungere l’Europa per il secondo anno consecutivo nel 2021: qui sono stati rilevati 67.724 migranti. Si tratta di un aumento del 90 per cento rispetto all’anno precedente e rappresenta il 23 per cento di tutti gli attraversamenti illegali segnalati alle frontiere esterne. Il più alto tasso di arrivi parte dalla Libia, ma anche le partenze dalle coste tunisine e turche hanno contribuito all’aumento della pressione migratoria.

Nel 2019, la rotta del Mediterraneo centrale ha registrato il numero annuo più basso di migranti irregolari dalla prima primavera araba. Coincide con il pugno duro di Salvini in Viminale, ma, secondo Frontex, il calo ha più a che fare con le attività di prevenzione della Guardia Costiera libica. Il numero totale di arrivi è stato di 14.874, con un calo del 40 per cento rispetto al 2017.

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Numero di arrivi illegali per anno. Foto: Frontex.

Ad ogni modo, i dati degli ultimi anni presentano chiaramente un calo rispetto al periodo più critico della crisi migratoria (2014-2017), con il picco nel 2016 di 181.459 migranti irregolari sulle coste del Mediterraneo.

La retorica del consenso

Dunque, è impossibile negare che la questione migratoria sia una emergenza strutturale e come tale vada affrontata. Ma è inutile sbattere i pugni su tavoli inesistenti. Per prima cosa, proprio l’approccio emergenziale e la mancanza di una visione di lungo periodo sull’immigrazione continuano a creare problemi. In secondo luogo, non si può chiedere all’Europa di fare di più quando sono gli stessi Stati membri a non volerle cedere più ampio potere, proprio in virtù di quella sovranità nazionale tanto cara al governo Meloni. E non le si può chiedere nemmeno di chiudere gli occhi di fronte a misure come quella del blocco navale, del tutto in contrasto con la propria identità. Ultimo, e fondamentale: una parte importante delle migrazioni è causata da crisi umanitarie e ambientali a cui andrebbero garantite vie di fuga sicure e diritto alla protezione, e l’Italia rappresenta per i migranti il primo porto sicuro.

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C’è un motivo se in piena stagione di bilancio l’urgenza del governo è la lotta agli sbarchi. L’immigrazione polarizza molto di più di un tema economico. La criminalizzazione del soccorso in mare e la retorica della sicurezza sono redditizi dal punto di vista del consenso, che si costruisce ancora una volta sulla pelle di un disgraziato in mare.

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