Cerasa racconta gli impostori e le catene della destra

Nel suo Le catene della destra (Rizzoli 2022) Claudio Cerasa descrive la destra odierna in Italia come preoccupante e incapace, pericolosa e grottesca.

«Gli impostori più dannosi per la nostra politica, per la nostra democrazia, per il nostro futuro, oggi si trovano a destra e da anni […] promettono di difendere la libertà negli stessi istanti in cui fanno di tutto per comprimerla».

E lo fanno usando il complottismo, screditando i vaccini, alimentando la xenofobia, demonizzando il mercato, accusando l’UE, facendosi strumenti dei nemici della società aperta. Il libro è precorso da una frase di Filippo Turati del 1923: «Le libertà sono tutte solidali. Non se ne offende una senza offenderle tutte». La destra usa le battaglie sulla difesa per la libertà solo per difendere la libertà di essere estremisti, spiega l’autore. Parte della destra italiana ha fatto finta di condannare l’invasione russa dell’Ucraina.

Vede Vladimir Putin come l’esempio del conservatorismo cristiano, dell’identità illiberale, del guerriero contro la globalizzazione. Matteo Salvini indossava magliette pro-Putin in Piazza Rossa e invocava l’intervento del Cremlino per stabilizzare lo spread nel 2018. Solo dal febbraio 2022 avrebbe fatto patetiche capriole per prendere le distanze dalle sue stesse affermazioni. Marine Le Pen, che già dichiarava non illegale l’annessione russa della Crimea e voleva portare fuori la Francia da UE, euro e NATO, ha semplicemente detto che l’invasione era riprovevole. Donald Trump si è spinto a dire che Putin aveva fatto «una mossa geniale». In maniera vigliacca e cialtrona, una certa destra oggi difende il sovranismo e fa fatica a condannare la violazione della sovranità ucraina. Alimenta sospetti sui legami tra Cremlino e partiti di destra in chiave anti-UE. D’altra parte, l’obiettivo di Mosca è chiaro: indebolire l’UE, la NATO, le democrazie liberali.

Vladimir Putin – Store norske leksikon
Vladimir Putin e Donald Trump.

Rafforzare la xenofobia, l’instabilità politica e il complottismo. I leader di destra oggi seguono questo template. Una delle catene della destra è proprio il fatto che fa una «difesa non della libertà a tutto tondo, ma della libertà di poter promuovere idee illiberali», scrive Cerasa. Individuare il nemico e trasformarlo in un mostro fa parte della strategia putiniana-populista delle destre odierne. La guerra in Ucraina ha messo in imbarazzo i populisti di destra. Tra le catene della destra, anche la questione pandemica: la destra ha promosso una truffa della libertà identificando le mascherine come il male assoluto. «Se crei un mostro che non esiste, come la dittatura sanitaria, alla fine, essendo l’unico che quel mostro lo vede, sarai anche l’unico che quel mostro lo potrà sconfiggere. Le destre di oggi usano la difesa della libertà (il no alle regole) per difendere le pulsioni illiberali (il complottismo)».

La destra di oggi diffonde scetticismo e sfiducia: gioca con il fuoco della paura per incrementare il consenso elettorale. Il complottismo prevede che sia sempre colpa di qualcuno – establishment, finanza, multinazionale, banchieri, élite. Cerasa ripercorre gli stadi della mentalità populista: «Prendi un fenomeno complesso», poi «costruisci delle teorie alternative alle verità consolidate. Trasforma i difensori delle verità consolidate in nemici della libertà d’espressione. Fai della tua visione complottista un manifesto di libertà». Questo conduce a un solo risultato: la trasformazione dell’avversario in un nemico della libertà. Alcuni movimenti di destra dicono di essere liberali, ma non conoscono l’abc del liberalismo. La libertà si estende con la cooperazione, la tolleranza e il rispetto degli altri. Non con l’attitudine machista, razzista, violenta e squadrista propria di molti movimenti di destra. Corroborando una visione complottista si arriva ad uccidere. Che è quello che è successo il 6 gennaio 2021 a Capitol Hill.

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«Quando scegli di accendere il ventilatore del complottismo sai quando gli schizzi di fango partono ma non sai quando lo schizzo di fango può trasformarsi in uno schizzo di sangue». Le catene della destra prevedono un culto di odio, xenofobia, razzismo e incapacità di relazionarsi con la diversità – fino alle tragedie di Christchurch o Utøya. Soffiare sul fuoco della paura in materia di progresso, tecnologia, scienza, mercato, migranti o Europa per ottenere i voti porta alla distruzione della società libera. Accendere il ventilatore delle menzogne e mettere in circolo bugie e falsità di ogni genere.

Paura e disprezzo a destra

Un altro capitolo l’autore lo dedica al disprezzo e alla paura della destra di concorrenza e globalizzazione. La concorrenza, dice Carlo Stagnaro, direttore dell’Istituto Bruno Leoni, «promuove la produttività, favorisce la creazione di posti di lavoro, induce le imprese ad essere più produttive e innovative, favorisce una migliore allocazione delle risorse tra le attività economiche».

Attaccano il cattivo: l’establishment, la casta, il Big Pharma. Tra l’altro, gli Stati a guida sovranista hanno incassato flop su flop con i propri vaccini di Stato dalla Cina alla Russia. Il sovranismo economico, spiega Alberto Saravalle, professore all’Università di Padova, impedisce trasformazioni strutturali determinate dall’innovazione tecnologica e conduce il paese che lo adotta all’impoverimento. È la destra sovranista, ricorda Cerasa, a guidare la battaglia contro mondialismo, oligarchie, globalizzazione, multinazionali, neoliberismo, privatizzazioni, liberalizzazioni. Il tutto a favore di un primato nazionale, che tuttavia penalizza la nazione stessa. «La pandemia ha dimostrato che la globalizzazione […] può salvare vite e […] benessere. L’aggressione di Putin ci ha invece dimostrato che la globalizzazione può aiutare […] a difendere le nostre democrazia e le nostre libertà». Gli effetti deleteri delle catene della destra si possono riassumere con: più Stato e meno mercato, più protezionismo e meno protezione, più muri e meno libertà.

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E anche meno giustizia. Ne parla Sabino Cassese, ex giudice costituzionale. La destra, spiega l’accademico, non mostra interesse per il populismo penale e lo esacerba per assecondare i propri elettori. «Usare gli immigrati come uno spauracchio per accrescere il proprio consenso. Giocare con la xenofobia fingendo di voler combattere l’immigrazione irregolare […]. Trasformare i problemi risolvibili in emergenze nazionali. Fare di ogni immigrato […] un potenziale pericolo per la sicurezza nazionale. Usare le emergenze create a tavolino per distogliere l’attenzione». È il template della destra per lucrare consenso elettorale. Quando era al governo, Salvini non ha fatto alcun accordo bilaterale in materia di rimpatri con Paesi quali Egitto, Nigeria, Marocco, Tunisia. «Ma con il suo famoso decreto sicurezza ha creato le condizioni per far aumentare a dismisura gli irregolari presenti in Italia», abolendo i cardini della protezione umanitaria e cancellando progressivamente il Sistema Nazionale Protezione Richiedenti Asilo, ricorda l’autore.

Il falso problema degli immigrati

La sua politica è stata controproducente. Però, in compenso, ha contribuito a fare credere che gli immigrati in Italia sono un’enorme minaccia per il Paese. «Gli italiani sono convinti che però ogni quattro persone che risiedono nel nostro Paese, una di queste sia immigrata. In realtà, oggi in Italia c’è un immigrato ogni dodici italiani» (CENSIS, 10 giugno 2019). L’Italia ha bisogno di immigrati. Costoro non “ruberanno” il lavoro agli italiani. Scrive Alberto Mingardi (La verità, vi prego, sul neoliberismo): «Con i partecipanti al gioco economico aumentano coloro che possono provare a farsi scegliere. Con l’aumento di dimensione del mercato, cresce il grado di specializzazione […]. Se si possono spostare liberalmente, le cose, attraverso gli scambi, tendono a finire nelle mani di chi ritiene di poterne fare il migliore uso; lo stesso è vero […] anche per le persone, che cercano di migliorare le proprie condizioni».

«In Europa crediamo che sia l’Africa il continente che produce più immigrazione. È falso […]. Abbiamo meno migranti ora che all’inizio del ventesimo secolo», ha detto il primo ministro portoghese António Costa, (5 settembre 2018). Il continente da cui partono più migranti è l’Asia. Il secondo è proprio l’Europa. Al terzo posto l’America Latina. Solo al quarto l’Africa. Ma la visione eurocentrica del tema dell’immigrazione e la strumentalizzazione che ne fanno i populisti di destra fanno incrementare la percezione del tema. Continua Mingardi: «La cattiva performance economica dell’Italia che può contribuire a spiegare l’ostilità all’immigrazione. E la paura che aumentando il numero dei commensali le fette della torta si facciano ciascuna più piccola non pare granché fondata». Il problema dell’immigrazione è stato gonfiato artatamente dal populismo di destra: «Penso che ci sia un disegno di sostituzione etnica in Italia», ha detto Giorgia Meloni (20 giugno 2017).

Problemi profondi

Così l’immigrato diventa lo spauracchio che distoglie l’attenzione dai problemi profondi dell’Italia. Carlo Nordio, intervistato da Cerasa, parla ad esempio di quelli legati alla giustizia. L’ex PM vorrebbe rivedere la funzione del pubblico ministero, «che è l’unico organismo in Italia dotato di enormi poteri ma senza averne alcuna responsabilità». Qualche consiglio per la destra, che «deve abbandonare il concetto che il carcere sia lo strumento principale di repressione di prevenzione dei reati. Le sbarre devono essere l’extrema ratio per i reati di gravissimo allarme sociale». La pena, inoltre, deve essere equilibrata, razionale. Non deve esistere il concetto di pena esemplare: deve solo essere certa, conclude Nordio, avversario del populismo penale. Un problema che aveva già identificato a suo tempo Giovanni Falcone. Che disse: «Per fare un processo ci vuole altro che sospetti: bisogna distinguere le valutazioni politiche dalle prove giudiziarie».

Fa eco il professor Giovanni Fiandaca, che denuncia la «diffusa incomprensione dei princìpi che presiedono il funzionamento di uno Stato di diritto». Coltivato dalla destra, in Italia regna un «paradigma vittimario, col conseguente protagonismo delle vittime nella scena pubblica e la loro accresciuta pretesa di ottenere soddisfazione e risarcimenti morali mediante un ricorso il più possibile ampio agli strumenti repressivi». Fiandaca auspica la cessazione del «diritto penale in funzione di “ansiolitico” collettivo». Da rivedere sarebbe anche l’ergastolo ostativo, tanto caro alla destra e contrario al senso di umanità. Altro problema che riguarda la giustizia è l’ingiusta detenzione. Trentamila persone, secondo Enrico Costa, tra il 1992 e il 2020 hanno ottenuto una riparazione per ingiusta detenzione. Problematico è anche il sovraffollamento delle carceri. Il tasso di affollamento ufficiale è al 121 per cento, con oltre 61mila detenuti nel febbraio 2022 – al 202 per cento a Como e Taranto.

Le catene della destra sono ben salde oggi nell’uso della giustizia come punizione e vendetta di Stato. Lo si è visto con la messa in scena organizzata da Salvini e Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia, al ritorno di Cesare Battisti in Italia. Dove la dignità del condannato è stata lesa a favore di un osceno populismo gialloverde che prevedeva l’uso strumentale della giustizia. Cerasa la chiama la logica dello scalpo, dello sfregio, della gogna. Con Marcello Pera l’autore discute il concetto di diritti e destra oggi. «Vita, libertà, proprietà, secondo il filosofo John Locke […] stanno tutti sullo stesso piano. Ma non vanno d’accordo […]. Se poi si aggiunge con Thomas Jefferson, il “diritto alla felicità”, succede la catastrofe: il disaccordo si trasforma in conflitto. E se infine si aggiungono i diritti cosiddetti “etici” e “sociali”, il conflitto è palesemente irrisolvibile». Questo va contro la massima di Turati.

Ronald Reagan and Margaret Thatcher at the White House in … | Flickr
Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Foto: Flickr.

«Non c’è e non può esserci, una scala unica di valori sottesa alle libertà o ai diritti», continua Pera. Sono due i tipi di libertà, scrive Cerasa. «C’è una libertà che si esercita emancipandosi dallo Stato e una libertà che si esercita chiedendo allo Stato di intervenire». Norberto Bobbio disse che la destra in teoria combatte per la libertà e la sinistra per l’uguaglianza – vero, ma la destra odierna combatte per la libertà di giustificare bugie e menzogne. Dice Pera: «Proviamo a pensare che la libertà sia un dovere anziché un diritto. Se è un diritto, si è portati a legare la libertà all’intervento dello Stato. Se invece è un dovere, si è impegnati a legarla alle responsabilità dell’individuo». Pera auspica che la destra ritrovi lo spirito liberalconservatore di Ronald Reagan e di Margaret Thatcher, senza seguire il conservatorismo bigotto, opportunista e violento di Trump.

La destra di oggi non ha nulla di liberale: usa lo Stato per comprarsi gli elettori a colpi di debito pubblico. «Sul welfare è certamente così», dice Pera. «E la destra italiana tende a somigliare più alla sinistra statalista che alla destra liberale». Una destra che si disinteressa del debito pubblico non è una destra seria. Dovrebbe, pertanto, «scommettere sull’economia, difendere la libertà di intraprendere […], deve lottare contro lo Stato imprenditore, lo Stato erogatore, lo Stato maestro, lo Stato etico, lo Stato invasivo». Una destra moderna si occupa dei giovani anziché solo degli anziani. I NEET italiani sono il 22 per cento dei giovani, mentre in Spagna sono il 15 e in Germania poco più del 7 (dati Confcommercio, luglio 2021). I NEET dell’area Euro sono il 12 per cento in media, ricorda Veronica De Romanis, economista alla LUISS. I giovani hanno pagato molto durante la pandemia.

Inoltre, Quota 100 è stato un flop e non ha creato lavoro. Oggi l’Italia spende molto di più per la spesa previdenziale che per sostenere l’occupazione giovanile. Il giuslavorista Giuliano Cazzola spiega che la spesa pubblica si è spostata da famiglie e bambini verso i pensionati. «Mentre la disuguaglianza complessiva è rimasta pressoché invariata, la disuguaglianza generazionale è esplosa». I giovani sono una generazione ingannata, incapace di ribellarsi – sostiene Vincenzo Galasso, professore alla Bocconi. E per molto tempo avrà salari molto bassi. Il risultato è che la gente se ne va: dal 2011 al 2021 sono andati via dall’Italia 345mila giovani (dati Confcommercio). La destra non lo può ignorare. Le catene della destra italiana salteranno quando questa decidere di mettere da parte l’estremismo, l’antieuropeismo, il Putinismo, lo statalismo, il complottismo. Perché «difendere la libertà a metà significa stare dalla parte dei nemici della libertà».

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