Remaster: il ritorno sempre più diffuso delle vecchie glorie

Il mondo dei videogiochi è in continua evoluzione. Dagli anni in cui la produzione è stata bloccata da una pandemia di cui oggi avvertiamo ancora gli strascichi, siamo passati a un periodo in cui un annuncio è all’ordine del giorno, con uscite sempre più frequenti e nuovi titoli disponibili su tutte le console considerate Next Gen. Il catalogo videoludico è saturo ma sempre alla ricerca di innovazione. Eppure c’è una particolare tipologia di videogiochi che non passa mai di moda e che, anzi, si è diffusa maggiormente negli ultimi anni, prendendo piede fino a diffondersi a macchia d’olio: la remaster.

Cos’è una remaster?

Abbiamo sentito spesso parlare di “remaster”, “remake” o “reboot” e si è spesso fatta confusione tra questi termini, poiché non è sempre facilissimo distinguerli e per alcuni una parola vale l’altra. Sia nel campo videoludico che in quello cinematografico, però, c’è una netta differenza tra questi vocaboli che rendono ogni prodotto differente dall’altro. Una remaster non sarà mai un remake, così come quest’ultimo non sarà mai un reboot e via dicendo.
Nel mondo dei videogiochi quando si parla di remaster si intende un vero e proprio “svecchiamento grafico”. Si mantiene intatta la produzione originale ma la si rende fruibile alle nuove console, trasformando un ammasso di pixel in un prodotto graficamente adatto alle nuove tipologie di schermi, bello da vedere e con i difetti limati accuratamente dal reparto grafico. Si migliorano e modificano la texture, la risoluzione e gli effetti visivi.

Un remake, invece, è un vero e proprio nuovo gioco basato però su un vecchio titolo, creato per rendere più fluidi i gameplay e le meccaniche di gioco rimanendo fedeli alla trama del titolo originale. Si otterrà un videogioco migliorato che ci porterà a vivere un’esperienza che ricalca quella vissuta in precedenza, con miglioramenti tecnici che lo renderanno al passo coi tempi. Con reboot si intende, infine, la creazione ex novo di un videogioco pubblicato in precedenza, prendendone il titolo o alcuni accenni passati e utilizzandoli per costruire un gioco totalmente nuovo. Chiarita questa differenza possiamo iniziare a parlare di quella che è la grandissima diffusione di un “vecchio-nuovo” prodotto nel mercato videoludico odierno.

The Last of Us, la remastered del gioco nato per PS3.

La reazione del pubblico alle remaster

È facile intuire quale sia stata la prima reazione dei videogiocatori a quella che è una vera e propria riesumazione di videogiochi dell’infanzia o dell’adolescenza di molti. Le prime remaster sono state accolte con gioia e sorpresa, acquistate al lancio e giocate fino allo sfinimento da chi era stanco di godersi i propri titoli preferiti soltanto con il retrogaming, difficile da utilizzare per titoli introvabili o attraverso console che non permettevano la retro-compatibilità.

La critica ha acclamato giochi come The Last of Us, uscito nel 2013 per Playstation 3, o Resident Evil, un prodotto del 1996 uscito per Playstation 1, quando rimasterizzati. I miglioramenti grafici erano evidenti e rendevano il prodotto non solo molto più bello da vedere ma anche “maggiormente giocabile” grazie a un mondo più godibile visivamente. Ci sono stati, però, anche dei veri e propri buchi nell’acqua, come Bionic Commando del 2009 e Medal of Honor del 2010, che hanno fallito nel rimettere a lucido delle saghe facenti parte del passato di molti videogiocatori. Togliendo alcuni titoli come questi ultimi, le software house sono riuscite benissimo a riesumare alcune vecchie chicche del passato e a far parlare nuovamente di sé grazie alle remaster e ad alcuni remake.

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Il problema principale per i videogiocatori arriva quando, in un mercato vasto, la maggior parte dei titoli annunciati sono remaster o remake di giochi già visti, già giocati, magari anche presenti nella loro versione originale su console e con la possibilità di esser riprodotti grazie alla retro-compatibilità sempre più diffusa al giorno d’oggi. E soprattutto quando, nel tentativo di spingere alcuni titoli, ci si ritrova tra le mani un prodotto non di altissima qualità, con dei difetti o delle aggiunzioni che fanno storcere il naso ai fan più accaniti che, anche a causa della cultura dell’hype e della disinformazione, hanno davanti a loro il prodotto che non si aspettavano; totalmente diverso rispetto alle loro aspettative.

Console come la PlayStation 5 hanno inserito nel loro abbonamento Plus la possibilità di giocare in streaming le versioni originali di titoli del passato, rendendo disponibile una versione non rimasterizzata su una console Next Gen, e questo ha aumentato i dubbi riguardanti le remaster. È davvero necessario rimasterizzare un gioco che verrà rilasciato in originale sulla nuova console di appartenenza? In alcuni casi assolutamente sì, in altri forse no.

La sottile linea tra remaster e remake

Come accennato sopra, la linea tra remaster e remake è davvero molto sottile e spesso i più fraintendono il prodotto destinato all’uscita: a volte a causa di una pubblicità ingannevole, altre, invece, a causa di un pubblico in hype per un prodotto che non ha veramente idea di cosa sia.

Prodotti come la Nsane Trilogy di Crash Bandicoot o la Reingnited Trilogy di Spyro the Dragon sono spesso state scambiate per delle remaster o considerate delle remaster 2.0 quando non erano altro che dei remake. Essi presentano sì delle migliorie grafiche rispetto alle saghe originali, ma hanno subito anche molte modifiche a livello di meccaniche di gioco, telecamera, gameplay. È chiaro, una volta giocati, che ci si trova davanti a dei veri e propri remake. In questo caso è infruttuoso lamentarsene, poiché non ci si può aspettare soltanto una miglioria grafica da un remake, come non si può chiedere a una remaster un miglioramento anche a livello di gameplay.

The Last of Us e la Nathan Drake Collection sono, invece, delle vere e proprie remaster che hanno portato sulle console Next Gen dei videogiochi migliorati graficamente ma lasciati totalmente intatti a livello di gameplay. Queste remaster hanno portato in alto il nome delle remaster e ne hanno favorito la diffusione negli ultimi anni.

Le remaster più famose e meglio riuscite

Quando si parla di remaster bisogna citare alcuni titoli che hanno reso questa categoria di videogiochi degna di nota e che hanno poi portato alla diffusione su larga scala di questi prodotti.

Come accennato in precedenza, sia The Last of Us che Uncharted: The Nathan Drake Collection si possono facilmente inserire nella lista delle migliori remaster realizzate fino al giorno d’oggi. Segue subito dopo da un prodotto fruibile direttamente su Xbox, Call Of Duty: Modern Warfare. Oltre a questi famosissimi titoli possiamo anche citare la remaster di Ratchet & Clank, rilasciato nel 2016, e quella di Crash Team Racing del 2019, oltre alla Bioshock Collection nel 2017.

Piccole differenze grafiche tra l’originale e la remaster.

Le remaster sono davvero necessarie?

In un mondo in cui l’innovazione è alle porte si arriva, infine, a porsi una domanda. Le remaster sono davvero necessarie in un mercato videoludico così saturo e bisognoso di novità? Le risposte possono essere molte. A queste corrispondono approfondimenti che ci mostrano come le software house si stiano muovendo, a volte con fatica, alla ricerca di un guadagno adeguato.

Al giorno d’oggi, realizzare un videogioco è molto dispendioso sia a livello di denaro che a livello di tempistiche. Molto spesso, le case produttrici non sono disposte o non hanno abbastanza tempo e soldi per realizzare un videogioco totalmente nuovo, con trama, meccaniche di gioco e grafiche innovative. Infatti, sempre più spesso, il motivo principale per cui si realizzano le remaster è il risparmio in fattore di tempo e budget, cavalcando la cultura dell’hype e riuscendo a guadagnare con prodotti che il pubblico accoglierà con affetto ed entusiasmo, anche se realizzati sul calco di vecchie glorie.

Ovviamente questo ragionamento non vale per tutti i titoli. Ci sono alcune remaster e alcuni remake che sono davvero attesi dal pubblico, richiesti a gran voce e spesso affidati a quelle software house che, piccole o a corto di fondi, riescono con questi prodotti non solo a soddisfare il pubblico ma anche a finanziare dei progetti in cantiere da anni, utilizzando l’uscita di una remaster per lavorare a un videogioco ex novo da far uscire nel minor tempo possibile. In questo caso, l’uscita di una remaster o di un remake può aiutare la creazione di nuovi titoli; ma questo avviene soltanto nel caso in cui il denaro guadagnato sia poi investito in titoli che alcune piccole aziende produttrici non si possono permettere di realizzare con le loro sole forze.

Remake come quello di Crash Bandicoot hanno aiutato a riportare in auge un franchising rimasto silenzioso per anni, portando poi all’uscita di Crash 4: It’s about time, un titolo realizzato da Toys For Bob che ha attratto sia i vecchi fan che i nuovi, curiosi di giocare al “famoso” Crash Bandicoot senza dover ricorrere alla retrocompatibilità. Crash 4: It’s about time ha inoltre aperto le porte per la realizzazione di nuovi videogiochi incentrati su quel personaggio andato perso negli anni.

Altre remaster, come ad esempio quella di The Last of Us, forse in realtà non erano così necessarie come sembravano. Sicuramente la remaster ha aiutato la diffusione sulle console Next Gen ma, grazie alla presenza della retro-compatibilità inserita da PlayStation con i nuovi abbonamenti, la possibilità di giocare al titolo originale è ormai aperta a tutti, riducendo così non solo la necessità di avere una prima remaster ma soprattutto quella di avere una seconda remaster in occasione dell’uscita della nuova console PlayStation. È chiaro che a ogni nuova console il motore grafico migliora, ma è anche necessario chiedersi se abbia senso riciclare così tante volte un titolo che già giocato dalla maggioranza dei videogiocatori, togliendo spazio alla realizzazione di nuovi prodotti, fondamentali per accompagnare le nuove console e rinnovare il mercato.

Metroid Prime Remastered.

La carenza di nuovi giochi

È inevitabile che la diffusione di remaster e remake abbia rallentato la realizzazione di giochi nuovi: sia le software house più famose che quelle più piccole sono impegnate nello svecchiamento di vecchie glorie del passato. Questo non significa che il mondo dei videogiochi sia carente di nuovi titoli per colpa della rimessa sul mercato delle remaster, ma che questo è uno di quei motivi che hanno portato il mercato a essere saturo di alcuni tipi di prodotti e carente di altri. È giusto esaudire i desideri del pubblico, riportare in auge prodotti ricordati con nostalgia dai fan più accaniti, ma questa non deve essere una scusa per continuare a rinviare nuovi titoli, necessari in un mondo a cui servono nuove idee, nuove tipologie di videogiochi ma soprattutto titoli che facciano parlare di sé.

Subito dopo la pandemia il mondo videoludico sembra essersi sbloccato, con l’uscita di giochi come Elden Ring, Hogwarts Legacy e l’annuncio di Zelda Tears of the Kingdom. Allo stesso tempo, però, si è in attesa di alcune remaster, come Tales of Symphonia, e di alcuni remake, come Resident Evil 4. È da chiedersi se, dopo la pandemia che ha bloccato le produzioni nel mondo intero, la creazione delle remaster diminuirà, ora che si hanno sicuramente più fondi, più tempo e un maggiore spazio di manovra; o se, sempre per cavalcare la cultura dell’hype, altri titoli del passato verranno svecchiati, saturando il mercato e facendo ancora una volta parlare di sé.

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