My Time At Portia: bello ma non si applica

Gli studenti prima di My Time At Portia:
The Guild 3 – Crusader Kings – Vermintide 2 – Tomb Raider – Frostpunk – Ancestors Legacy – Kingdom Come: Deliverance – Monster Hunter: World – World of Warcraft: Battle for Azeroth – Pathfinder: Kingmaker – Darksiders 3 – For The King – Metro: ExodusWarhammer 40,000: Inquisitor Martyr


My Time At Portia viene pubblicato il 15 gennaio 2019. Si tratta del secondo titolo di Pathea Games, casa di sviluppo cinese, non famosa per il decisamente deludente Planet Explorers, primo gioco autopubblicato. Fortunatamente, sembrerebbe che la scelta di rivolgersi a un editore esterno, in questo caso il famosissimo Team 17, abbia portato più fortuna (e anche della pecunia in più) a questa casa di sviluppo in erba. My Time At Portia risulta essere un progetto molto ambizioso, quasi come un germoglio che richieda cure continue per riuscire finalmente a sbocciare… Cure che, probabilmente, Pathea Games non sarebbe riuscita a fornire senza un supporto esterno. My Time At Portia ha, infatti, fatto passi da gigante negli ultimi mesi e, per quanto sia ancora ben lontano il periodo della fioritura, possiamo sicuramente affermare che il percorso stabilito sia quello giusto.

My Time At Portia

My Time At Portia è una scatola in cui Pathea ha cercato di inserire un po’ di tutto: abbiamo, infatti, le meccaniche di costruzione e crafting, particolarmente sviluppate e con diverse sfumature a seconda della complessità del nostro progetto; un’interessante sistema sociale, non troppo dissimile dai giochi del genere, ma ampliato e diversificato, tanto da risultare comunque abbastanza interessante e innovativo; il farming, che può essere considerato sia in senso letterale che non; uno striminzito calendario basato sulle classiche quattro stagioni, costituite da trenta giorni l’una; infine, un molto basilare sistema di combattimento, che a posteriori potrebbe essere decisamente uno degli aspetti più deboli di My Time At Portia, anche se decisamente necessario per spezzarne il ritmo a volte particolarmente serrato. Tutte queste caratteristiche vengono miscelate e unite a una grafica in tre dimensioni in stile cartoon decisamente gradevole: rimaniamo sempre sul classico e non ci allontaniamo molto dal selciato già battuto da titoli molto blasonati come, per esempio, Stardew Valley. L’unica reale differenza concettuale si potrebbe infatti quasi stabilire nella grafica, che rappresenta comunque una scelta stilistica non indifferente. La decisione di orientarsi sulle tre dimensioni è proprio ciò che rappresenta la differenza tra il riuscire e il non riuscire, e in questo caso My Time At Portia si posiziona in quel limbo che non riesce a farci decidere se questa scelta sia stata fortunata o meno. Prodigarsi nel mettere insieme tutte queste meccaniche e una grafica che ne soddisfi ogni requisito è un’impresa pantagruelica, se già in un gioco semplice costituito principalmente da sprite (ossia, immagini in due dimensioni) rischiamo di trovarci in situazioni un poco spiacevoli, avremo praticamente la certezza che qualcosa vada storto trasferendoci su un motore grafico ancora più complesso. My Time At Portia ha infatti questi momenti in cui ci propone estasi grazie ai suoi scenari particolarmente ben costruiti ma altrettanto spesso l’unica cosa che sarà in grado di farci provare sarà una profonda vergogna. Chiaro esempio di questo problema sono le animazioni che coinvolgono più di un attore, o qualsiasi cosa più complessa che preveda una durata di più di qualche secondo, mantenendo comunque la riserva che quelle più semplici non sempre funzionino come dovrebbero.

My Time At Portia
L’editor di personaggi di My Time At Portia è molto basilare, ma ci permette comunque diverse ottime cadute di stile tipo la pelle verde.

Ciò che quindi davvero manca a My Time At Portia è la raffinatezza tipica di un gioco già completo, testato e ricontrollato in ogni suo dettaglio. Oggigiorno è difficile trovare caratteristiche simili persino in videogiochi dalle produzioni ben più importanti, soprattutto se consideriamo la notevole complessità unita all’attenzione al dettaglio sempre più elevata dell’utente medio. Questo però non cambia il fatto che una caratteristica simile risalti in maniera assolutamente dolorosa, se prendiamo come esempio il comparto sonoro, ci troveremo infatti di fronte a una povertà infinita: il doppiaggio alterna momenti decisamente imbarazzanti a momenti in cui saremo ben felici della sua assenza, fenomeno che coinvolge praticamente tutte le lingue. Dal punto di vista della colonna sonora, invece, non sembrerebbe andare molto meglio: parliamo di praticamente un singolo tipo di melodia per ogni situazione, standard decisamente poco vario e insufficiente, nonché, alla lunga, decisamente noioso. Possiamo quindi eliminare la grafica e il sonoro tra i motivi che dovrebbero portarci a spendere il nostro tempo su My Time At Portia, cos’altro unire alla lista? Il combattimento. Parliamo infatti di una delle meccaniche più complicate e difficili da gestire, qualcosa che nemmeno titoli tripla A a volte riescono a bilanciare e a costruire in maniera sensata e/o divertente, un intero insieme di hitbox, animazioni e bilanciamento che deve lavorare all’unisono per riuscire a creare qualcosa di anche solo minimamente apprezzabile. My Time At Portia non riesce purtroppo in nessuno di questi tre campi: le hitbox sono assolutamente la cosa peggiore di questo piccolo elenco, capaci di far apparire il protagonista come un chirurgo che si presenta ubriaco in sala operatoria. Il problema principale è ovviamente esacerbato da quello delle animazioni, che lavorano in tandem per peggiorare l’esperienza di gioco in ogni maniera possibile: non si riesce a capire che cosa stiamo colpendo, che cosa ci stia colpendo, perché siamo appena morti e soprattutto, per quale motivo ci sia venuta voglia di incominciare a dedicarci a questa porzione di gameplay. Sembra quasi di aver aperto Dark Souls. Dal punto di vista dei numeri non va particolarmente meglio, parliamo infatti di armi completamente inutilizzabili e di un ramo dei talenti decisamente poco interessante, aspetti che possiamo fortunatamente ignorare inviando NPC a svolgere il lavoro sporco per noi. Dopo aver completato la prima run noi stessi, s’intende.

My Time At Portia
My Time At Portia ci offre più di un motivo per cui essere felici.

Ora che abbiamo sviscerato i decisamente molteplici motivi per cui My Time At Portia non sia esattamente il titolo migliore di questo inizio d’annata, possiamo invece rivolgerci a quelli per cui decisamente non sia tra i peggiori: la prima cosa che può venirci in mente è sicuramente l’ottimo lavoro svolto sulle ambientazioni e sui cambi di stagione. L’intero scenario di gioco va a modificarsi ogni volta che strappiamo una pagina del calendario. Questa caratteristica potrebbe sembrare abbastanza basilare ai più, soprattutto considerando la tipologia di gioco, ma il motivo per cui brilla particolarmente è la già citata scelta della grafica. Tutti i modelli cambiano sì, ma la differenza di resa risulta assolutamente imparagonabile, soprattutto sui paesaggi nel loro complesso. Altra nota di pregio va sicuramente assegnata al crafting, che prevede un assolutamente classico sistema di componenti da raccogliere e da combinare, ma che si amplia ulteriormente aggiungendo al processo il vero e proprio assemblaggio. Qualora dovessimo infatti incominciare dei progetti particolarmente complicati non dovremo solo raccogliere fisicamente ogni componente necessario, ma sarà anche necessario recarsi fisicamente a posizionare i singoli pezzi all’interno di un diagramma. Non parliamo certo di mini-giochi al livello di simulatori di costruzione, ma l’aggiunta di questo piccolo dettaglio è in grado di fornire il giusto pizzico di immersione che si incunea stabilmente tra il divertimento e il fastidio, un accadimento più unico che raro. Sommando a queste caratteristiche la possibilità di personalizzare la nostra inizialmente umile dimora, e la pletora di marchingegni e costruzioni necessari al corretto funzionamento della nostra attività, possiamo sicuramente affermare che My Time At Portia possa offrire un discreto quantitativo di contenuto al giocatore che non dovesse trovare questo sistema ancora troppo acerbo. Volendo proprio tentare di trovare un punto negativo in questa parte delle meccaniche di gioco, possiamo soffermarci sui requisiti di mantenimento delle macchine a nostra disposizione, che richiederanno non solo l’input fisico dei materiali per il funzionamento (legno, carburante, etc), ma anche la selezione dei singoli materiali da produrre, con fluttuazioni spesso imprevedibili in anticipo. Tutto sommato nulla di fuori dal mondo, considerando che avremo comunque a disposizione diversi mini-giochi per spezzare la monotonia del nostro nuovo lavoro.

My Time At Portia
Snake?!

Investendo il mio tempo a Portia

My Time At Portia ha quindi delle solide basi su cui poter costruire un prospero futuro, considerando che già attualmente il suo contenuto sia poco raffinato ma comunque invidiabile. Il grosso della partita deve tuttavia ancora svolgersi,  partendo dal presupposto che il miglior risultato raggiunto sia una sospensione del giudizio basata principalmente su una fiducia rinnovata, ma già precedentemente tradita, da Pathea Games. Potrebbe trattarsi di una di quelle pochissime volte in cui il giogo di un editore esterno possa essere benefico per un videogioco? Potrebbe persino trattarsi di uno di quei rarissimi casi in cui un progetto viene accompagnato fino al suo compimento finale, evitando a My Time At Portia una morte prematura e forse nemmeno tanto meritata? Purtroppo la risposta a questo tipo di domande non è mai scontata, poiché i presupposti cambiano rapidamente, e anche le case più esemplari devono comunque sempre seguire il vile denaro. Certo è che tra le pratiche scorrette, come per esempio continuare a pubblicizzare un videogioco come multigiocatore anche se i server non sono più online, come ha fatto Pathea Games con Planet Explorer, e la pura nobiltà d’animo, bisognerebbe comunque trovare sempre un compromesso che non danneggi l’utente. Specie se alla fine si tratta proprio di chi in teoria ci porta alla fine del mese a poter mangiare, prospettiva assolutamente più che benvenuta. Ciò che quindi deciderà il destino di My Time At Portia, non è tanto la capacità del suo team di sviluppo di trasformarlo in un capolavoro (cosa che decisamente non è), ma la possibilità di questi ultimi di imparare dal proprio errore e guadagnarsi la fiducia di un’utenza che è capace di essere festante tanto alla tua incoronazione, quanto alla tua esecuzione. Non proprio una delle cose più semplici che si possa fare, ma c’è sempre tempo per imparare e, soprattutto, per ora parrebbe esserci decisamente tanto spazio per applicarsi, cosa che ci auguriamo che My Time At Portia faccia sempre un pochino di più.

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