For The King, la recensione: bello ma non si applica

Gli studenti prima di For The King:
The Guild 3 – Crusader Kings – Vermintide 2 – Tomb Raider – Frostpunk – Ancestors Legacy – Kingdom Come: Deliverance – Monster Hunter: World – World of Warcraft: Battle for Azeroth – Pathfinder: Kingmaker – Darksiders 3


For The King, il primo titolo sviluppato da IronOak Games, viene pubblicato ufficialmente su Steam il 19 aprile 2018. Parliamo di quasi due anni dopo il rilascio del primo teaser trailer, che potete tranquillamente reperire dal link del loro sito ufficiale. L’editore sarà invece Curve Digital, famoso, se così possiamo definirlo, grazie agli indie già pubblicati, essendo anche vincitore di giusto un paio di premi nel 2017 e 2018. Come si presenta inizialmente For The King? Come l’insieme di tutto ciò che si potrebbe mai desiderare. Combattimento tattico a turni in stile JRPG, inscatolato egregiamente in una mappa tattica a esagoni che comprende movimento terrestre, aereo e navale. Qualora questo non dovesse essere già di per sé sufficiente, possiamo aggiungere le parentesi da dungeon crawler e una splendida modalità cooperativa fino a tre giocatori. For The King parte sicuramente avvantaggiato, ricco di ottimi presupposti.

For The King

Presupposti che non sono assolutamente traditi: For The King possiede infatti, a soli otto mesi dalla pubblicazione, un quantitativo di contenuto di gioco veramente invidiabile. Parliamo di sei modalità di gioco differenti, pensate per rapportare il giocatore in maniera diversa con la propria esperienza: possedendo For The King tantissimi elementi diversi, caratteristici di videogiochi anche difficilmente coniugabili tra loro, gli sviluppatori hanno pensato bene di costruire modalità su misura che permettano al giocatore di sperimentare. Passiamo quindi sia dalla classica avventura iniziale, pensata per introdurre coloro alle prime armi alle mosse base, fino a quelle più specifiche e generalmente incentrate intorno a un tema particolare e con meccaniche costruite ad hoc. I primi passi nel mondo di Fahrul potrebbero sembrare incerti poiché, per quanto For The King sia assolutamente intuitivo e non si faccia problemi a lanciare i giocatori nel mondo di gioco, si percepisce immediatamente che per arrivare alla fine della propria avventura serva quel qualcosa in più. Siamo infatti avvisati non appena apriamo il gioco, anche se forse si tratta di un consiglio decisamente ignorato, su cosa aspettarci da For The King: una serie imbarazzante di eclatanti sconfitte. For The King è infatti, nell’insieme di etichette che lo caratterizzano, anche un roguelike, e come tutti sappiamo la prima caratteristica di ogni giocatore a cui piaccia questo genere è una spiccata attitudine al masochismo. La peculiarità dei roguelike sta infatti nella linearità alla base, che segue più o meno il percorso “nasci, farma, muori, ripeti” a cui viene aggiunta sostanza grazie alla miriade di variabili poi inserite. For The King non è differente da questo punto di vista, e anzi non ha nessuna pietà: qualsiasi sia il momento del gioco e qualsiasi sia il livello dei giocatori, quasi tutti i nemici saranno statisticamente più potenti. Come in ogni roguelike non potrebbe inoltre mancare la classica modalità di esplorazione di segrete infinita, che in For The King significa misurarsi contro un crescendo di sfide che porteranno i propri personaggi al limite delle proprie abilità, per poi generalmente annientarli come se fossero dei minuscoli insetti insignificanti.

For The King
La mappa di For The King è assolutamente ricca di dettagli. In un mondo così vario è estremamente facile distrarsi, separarsi dai propri compagni e morire in maniera orribile in un’imboscata.

Purtroppo questa sfumatura di difficoltà è anche uno dei maggiori punti a sfavore di For The King, che non riesce davvero a capire che cosa vorrebbe essere: le singole run dei roguelike dovrebbero essere veloci e brutali, portando il giocatore a iniziare quante più partite possibile e migliorando piano piano, principalmente attraverso un processo di trial and error guidato dalle proprie abilità e dal fato. For The King è invece abbastanza longevo nelle sue partite, soprattutto nella parte iniziale del gioco, che rimane molto delicata a causa della scarsa capacità del giocatore di influenzare il proprio destino. Avanzando nel gioco però la situazione non tenderà esattamente a migliorare: oltre a contendersi con il costante rischio di perdere tutto ogni mossa, i giocatori dovranno anche fare i conti con il tempo a causa dei contatori, specifici per ogni avventura. Qualora non si riuscissero a raggiungere gli obbiettivi prefissati nel periodo limite ci si ritroverebbe inizialmente di fronte a pesanti svantaggi. E a una prematura sepoltura dopo non molto. For The King ha infatti una componente che servirebbe a limitare notevolmente la durata delle partite, ma che in realtà ostacola solo la libertà del giocatore, rendendo di fatto ogni singolo turno e movimento una risorsa preziosa da non poter sprecare. Come esperienza a sé stante potrebbe anche non essere così negativa, se non fosse esattamente l’antitesi delle caratteristiche RPG e strategiche più importanti. Immaginate infatti di stare giocando a scacchi, un gioco fortemente strategico in cui si possiedono un certo quantitativo di opzioni e un numero limitato di turni in cui attuarle. Improvvisamente catapultate la vostra scacchiera in un mondo generato proceduralmente ogni volta che schierate i vostri pezzi. Non siete ancora in preda all’orrore? Continuiamo ad aggiungere elementi: ogni singolo pezzo nemico può, a seconda di un criterio stabilito solo dalla vostra fortuna e da un generatore di numeri, essere pericoloso quanto tutta la vostra squadra e crearvi dei seri problemi. Purtroppo For The King non si ferma qui, e decide anche di modificare le carte in tavola cambiando i vostri pezzi, sempre utilizzando come criterio base il nulla cosmico. Parliamo sicuramente di un’esperienza non adatta ai deboli di cuore.

For The King
Esiste un binomio più di successo di RPG e ragni grossi come un pony? Probabilmente no, ma in ogni caso non potevano mancare in For The King

Perché quindi trascinarsi attraverso questo apparente orrore chiamato For The King? Per tutta la miriade di aspetti positivi che circondano qualche scelta di gioco non sempre azzeccata: potremmo per esempio partire dalla splendida grafica poligonale, molto semplice ma comunque magistralmente realizzata, e dalla varietà di diversi scenari che questa ci offre. Sia che si stia esplorando un dungeon o navigando per Farhul, sia che si stia macellando i propri nemici o che si stia morendo in maniera atroce, For The King ci permette di farlo con stile e senza eccessi, rimanendo adatto anche per le macchine meno performanti. La varietà di nemici e luoghi è adeguata, fornendo al giocatore il giusto livello di varietà tale da poter trovare ancora qualcosa di nuovo anche quando l’esperienza potrebbe diventare troppo lineare. I dungeon si rivelano particolarmente efficienti da questo punto di vista, riuscendo a catapultare chi gioca al proprio interno e fornendo un ottimo grado di sfida e di dettaglio: in una partita che non termina prematuramente ci si ritroverà infatti raramente a incontrare lo stesso nemico, o la stessa identica porta più e più volte, ulteriore punto per For The King e IronOak Games. Anche il combattimento e la varietà di azioni che il giocatore può effettuare si rivelano un punto di forza di For The King: pur parlando di un classicissimo combattimento a turni, generalmente in tre contro tre, Il giocatore ha ampio spazio di manovra. può infatti interagire con la fortuna sia tramite un’attenzione particolare al proprio equipaggiamento, ottenuto sì purtroppo in maniera casuale, che tramite i punti focus, dei piccoli jolly utilizzabili per assicurarsi un successo in una qualsiasi azione dentro e fuori dal combattimento. Questi punti focus sono assegnati al giocatore in base alla sua classe, una delle poche cose che si possa effettivamente scegliere e ottenere senza casualità. Non parliamo in questo caso di nulla di troppo creativo: la solita santa trinità dei giochi di ruolo, mago, guerriero e ladro, condita con le sue varie sfumature, molto classico e non particolarmente innovativo ma pur sempre funzionale e immediato. La possibilità di ampliare la disponibilità di personaggi tramite una valuta di gioco aggiunge giusto quel poco di pepe necessario a non rendere il tutto troppo stantio.

For The King
La sconfitta è una delle tristi realtà in For The King. A volte i nostri personaggi potranno esibirsi in vere e proprie gesta eroiche, salvando il proprio gruppo dall’oblio. Il più delle volte però muoiono e basta.

Requiem For The King

Più che per il gioco stesso, ampiamente apprezzato dalla maggior parte del suo pubblico, un requiem servirebbe per i personaggi protagonisti delle nostre avventure: il triste destino di ogni singola partita sarà infatti il successo o la morte. Questo approccio permette quindi delle giocate abbastanza distaccate che molto si discostano dalle lunghissime avventure percepite come classico degli RPG e sono assolutamente adatte per la modalità cooperativa. For The King, superato lo scoglio della difficoltà notevole, è un graziosissimo passatempo in grado di tenere occupati sia i giocatori meno impegnati che coloro che si aspettano il massimo dalle proprie abilità, accogliendo livelli di gioco più permissivi ma non per forza meno letali. A volte tutto questo miscuglio di generi e sottogeneri può apparire dispersivo ma non bisogna assolutamente sottovalutare le possibilità che ci offre: non appena infatti dovessimo essere stanchi della mappa tattica potremmo lanciarci nella modalità segrete infinita, affrontando un combattimento dopo l’altro. Oppure potremmo non essere attirati dai combattimenti ed evitarli il più possibile, affidandoci unicamente all’esplorazione e agli eventi casuali per permettere ai nostri personaggi di crescere. Ogni approccio può essere valido in For The King, e qualora non lo fosse il finale probabilmente non cambierebbe ugualmente. Questo è l’unico vero grande difetto di For The King, un gioco veramente profondo e realizzato con cura, ma che anche questa volta non è riuscito a fare il passo in più necessario ad applicarsi.

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