Draghi lavora col favore delle tenebre? Una nuova strategia di comunicazione

La strategia di comunicazione di Mario Draghi è quella di «parlare solo se c’è qualcosa da dire». Una svolta rispetto al “casalinismo” di Giuseppe Conte, o all’esperienza di Matteo Renzi, anche lui campione sui social.

L’attuale presidente del Consiglio non ha alcun profilo social. Ha tenuto il suo primo discorso al Senato il 13 febbraio scorso. Un intervento di cinquanta minuti, dopo il quale non ha pubblicamente più pronunciato alcun suono.

Non si può non comunicare. È il primo assioma della comunicazione secondo la Scuola di Palo Alto. Anche il silenzio trasmette un messaggio – in sordina, ma non si può dire che rimanga senza effetto. Al contrario, bisogna riconoscere che dopo ventisette anni di bombardamento quotidiano di dichiarazioni shock e aggiornamenti minuto per minuto, il silenzio come strategia di comunicazione è una rivoluzione del sistema.

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Foto: Flickr.

La presenza sui social

È Paola Ansuini la nuova portavoce del presidente del Consiglio, a fianco di Draghi anche in Banca d’Italia. Sarà lei a riscrivere i paradigmi della comunicazione del governo, a scegliere i toni, a dosare la presenza dei ministri sui social – cinque dei quali, oltre a Draghi, non sono su nessuna piattaforma. I social media, infatti, non sembrano contare molto nel nuovo esecutivo, che in quanto a numeri vanta solo la metà dei seguaci complessivi del Conte Bis: secondo i dati dell’Osservatorio digitale per Il Sole 24 Ore, se il vecchio governo aveva complessivamente tredici milioni e seicentomila seguaci, la squadra di Draghi può contare attualmente “solo” su sei milioni e seicentomila follower.

Conte ha 4,6 milioni di fan su Facebook, Draghi Facebook non ce l’ha nemmeno. Poco importa. Niente più dirette streaming per annunciare le nuove restrizioni, niente più colpi di tweet, e pochi spin. Le comunicazioni ufficiali passano per i canali ufficiali: comunicati e note stampa. Il nuovo Dpcm del 15 marzo scorso ha riportato molti italiani in zona rossa senza che il volto e la voce di Draghi ne illustrassero l’introduzione.

La strategia di comunicazione del Conte Bis

Una linea ben diversa da quella diretta dall’ex portavoce Rocco Casalino. Il mezzo busto di Conte, proteso appena verso la scrivania, le mani giunte, occasionalmente sciolte per accompagnare le parole, è l’immagine più simbolica che conserviamo dei primi momenti dell’emergenza coronavirus. Conte appariva in diretta streaming sui canali YouTube e Facebook di Palazzo Chigi quasi abitualmente. Entrava nelle nostre case in tarda serata e usava la sua stessa voce per illustrare le nuove restrizioni.

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Conte annuncia una diretta social per importanti aggiornamenti. Fonte: Facebook.

La disintermediazione non è un fenomeno che inizia con Giuseppe Conte, ma quando scavalca il filtro dei media mainstream per parlare direttamente con i suoi cittadini attraverso una piattaforma digitale privata, l’ex presidente del Consiglio sta dicendo che i gradi di separazione della comunicazione istituzionale sono troppi.

Comunicare via social mette sullo stesso piano chi usa gli stessi mezzi, e li avvicina. Questo crea un forte effetto di empatia. Una vicinanza tale al leader che non solo ci permette di mettere “mi piace” ai suoi contenuti social come siamo soliti fare con quelli di un amico, ma anche di vederlo addirittura piombare nei nostri salotti in tarda notte.

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La comunicazione de-istituzionalizzata aveva però una giustificazione: erano le fasi iniziali dell’emergenza. L’intero Paese, isolato e spaventato, osservava il mondo andare al rovescio a causa di un virus che non conosceva e che impediva di fare cose banalissime come uscire di casa. Si trattava di un evento inatteso, repentino, spaventoso. Almeno all’inizio, il mezzo busto di Conte sui nostri schermi – su tutti i nostri schermi, tv e device vari – doveva garantire più della riduzione dell’incertezza: la sua presenza. Il quotidiano promemoria che nonostante la confusione e la paura, almeno il capo dell’esecutivo era lì, per noi, a confortarci. Magra consolazione, ma l’aspetto relazionale della comunicazione è fondamentale nella gestione delle crisi. L’empatia del leader attutisce l’impatto psicologico della malattia sulla gente. Infatti nel sondaggio Demos di marzo 2020 per La Repubblica l’indice di gradimento per Giuseppe Conte toccava quota 71%, ben 19 punti percentuali in più rispetto a febbraio.

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La strategia di comunicazione di Draghi

Oggi Draghi si trova a fronteggiare una situazione diversa. Il suo silenzio può essere scambiato per mancanza di empatia, ma ormai la crisi è diventata parte della normalità, relativamente controllabile e prevedibile. Inoltre, per ora Draghi non sembra avere bisogno di comunicare direttamente con i cittadini per guadagnare fiducia, dato l’alto grado di gradimento di cui già gode e la campagna santificatoria operata a suo vantaggio dai media.

Niente politica-spettacolo dunque, ma un nuovo modello comunicativo fondato sulla sobrietà e sul contenimento. Se le dirette social sono state abolite, sostituite da fredde note stampa – anche i passaggi nei talk show sono sconsigliati.

La discontinuità è forte, e i giornalisti che frequentano i palazzi del potere l’hanno già avvertita. L’assenza di qualsiasi anticipazione e gossip sui nomi e sul programma di governo hanno costituito un cambiamento netto con la politica pop all’italiana, fatta di sussurri e retroscena. Non sapremmo nemmeno che dirci durante una maratona Mentana: Draghi attraversa grumi di giornalisti senza proferire parola, con riservatezza, e persino con un filo di snobismo. I neo ministri ignorano le telecamere e rinunciano ai commenti a caldo.

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Il nuovo silenzio non è, però, in gara con i vecchi post di Conte. Sono modi diversi di comunicare che funzionano bene o male a seconda di quale tratto dell’emergenza si sta percorrendo, se il picco o se la lenta discesa. Ed è troppo presto comunque per dire che agli italiani piaccia davvero lo stile delle poche parole. I sacrifici imposti da un anno di pandemia influiranno sul modo in cui leggere il silenzio. Draghi non scenderà nell’arena dei talk show, né creerà un profilo Facebook, ma non potrà non comunicare. Oltre alle parole e ai fatti, ricordano gli studiosi della scuola di Palo Alto, anche il silenzio ha valore di messaggio. Influenza gli altri che, a loro volta, risponderanno a tale silenzio.

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