Ed Gein, il macellaio di Plainfield – SinisterWise

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In questa puntata di SinisterWise, la nostra rubrica a tema mistero e personaggi sinistri, vediamo la storia di Ed Gein, denominato anche “il macellaio di Plainfield”.

La macabra storia di Ed Gein ha avuto un grande impatto sulla cultura di massa statunitense. La sua storia ha ispirato il romanzo Psycho di Robert Bloch del 1959, da cui Alfred Hitchcock trasse il celebre film omonimo del 1960. Oltre a quella del protagonista Norman Bates, la figura di Gein ispirò anche Leatherface (Non aprite quella porta), Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti e Oliver Thredson della serie televisiva American Horror Story: Asylum.

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Ed Gein. Fonte: Wikimedia Commons.

Una madre morbosa

Edward “Ed” Gein nacque nel Wisconsin il 27 agosto del 1906 da un padre violento, alcolizzato e spesso disoccupato, e da una madre molto protettiva, al limite del morboso. Augusta, luterana e fanatica religiosa, aveva trasmesso ai figli l’idea che tutte le donne (esclusa lei) fossero prostitute e strumenti del diavolo. Inoltre, nella sua visione, il sesso era accettabile solo al fine di procreare.

Quando Ed raggiunse la pubertà, ella divenne ancora più possessiva. Arrivò addirittura a far promettere al figlio che sarebbe rimasto vergine per tutta la vita. Il giovane Gein, dall’atteggiamento effemminato e di corporatura esile, era spesso vittima di bullismo da parte dei compagni di scuola. Il padre George morì nel 1940 e il fratello Henry nel 1944, in circostanze non del tutto chiare. Ed visse così da solo con l’amata madre che morì meno di due anni dopo per ictus.

L’omicidio di Berenice Worden

Il 17 novembre 1957 Berenice Worden, commessa di una drogheria, sparì. Il figlio della donna, il vicesceriffo Frank Worden, condusse le indagini. Entrato nel negozio, trovò il registratore di cassa vuoto e macchie di sangue. L’ultimo ad essere entrato nel negozio risultava essere Ed Gein, che era stato lì la mattina stessa per acquistare una tanica di antigelo. La sera stessa, Gein fu arrestato e la sua casa fu perquisita.

Gli investigatori trovarono il corpo decapitato di Bernice Worden in un capanno nella proprietà di Gein. La donna era appesa per le caviglie, squarciata in due. La testa fu invece rinvenuta in un’altra stanza della casa. Gein voleva appenderla al muro come un trofeo.

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La celebre scena della doccia del film Psycho.

La casa degli orrori

Nella stessa proprietà la polizia ritrovò (tra i vari reperti macabri) un cestino fatto di pelle umana, un corsetto fatto a partire da un torace femminile, una cintura fatta di capezzoli umani e la maschera creata con il viso di una donna. Questi reperti furono fotografati in laboratorio e poi distrutti.

Gein confessò di aver fatto diverse ispezioni notturne al cimitero del paese e di aver violato circa diciotto tombe. Nonostante le sue dichiarazioni, l’uomo fu considerato sospettato anche in molti altri casi irrisolti nel Wisconsin. Durante l’interrogatorio confessò inoltre di aver ucciso Mary Hogan, dipendente di una taverna scomparsa dal 1954. Il suo volto era quello della maschera ritrovata nella proprietà. Gein confessò che dopo la morte della madre aveva avuto il desiderio di cambiare sesso. Gli abiti da donna fatti di pelle umana rivenuti erano usati proprio per assumere le sembianze della madre. Inoltre, l’unica stanza pulita e tenuta in ordine era proprio la camera da letto della genitrice.

Processo, reclusione e morte

Gein fu giudicato mentalmente instabile e fu trasferito presso l’ospedale centrale di Waupun, in Wisconsin. L’uomo era un cacciatore, ma dopo l’arresto dichiarò di non aver mai ucciso un cervo. Questo preoccupò molto i suoi vicini di casa. Forse quella carne che spesso cucinava e offriva loro era umana.

Nel 1968 Ed Gein sostenne un processo, ma fu giudicato incapace di intendere e di volere. Passò gli ultimi anni di vita in un manicomio. Morì nel 1984 per insufficienza cardiaca. Nel 1958 la sua casa fu incendiata e la sua auto fu venduta a Bunny Gibbons, che la adibì ad attrazione turistica finché lo stato del Wisconsin ne vietò l’esposizione.

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